Il 27 dicembre 2007 Benazir Bhutto, leader del Partito del Popolo Pakistano (PPP), viene uccisa a Rawalpindi in Pakistan mentre si allontana dal luogo dove fino a pochi minuti prima ha tenuto un comizio. La donna era tornata in ottobre nel paese asiatico dopo 8 anni di esilio volontario per preparare il suo partito alle elezioni nazionali dell’8 gennaio, proprio in queste ore rinviate al 18 febbraio a causa del clima di tensione creatosi dopo la morte della donna. Nel paese inoltre per alcuni giorni si scatenano violenze e disordini in quanto la popolazione sfoga la sua rabbia contro palazzi ed edifici governativi accusando il governo di essere il mandante dell’omicidio. Dopo numerosi morti (almeno 50) e la proclamazione dello stato d’emergenza la situazione sembra ritornare alla normalità (nonostante scontri continuino nel paese) e il PPP decide di partecipare alle nuove elezioni, designando il sostituto di di Benazir Bhutto. Nel frattempo si susseguono diverse versioni circa la morte della donna (ora si parla di un cecchino) e si scatena la caccia ai colpevoli. Ma prima di parlare di tutto questo chi era Benazir Bhutto?
Un breve ritratto.Benazir Bhutto nasce nel 1953 e fin da giovane rimane coinvolta nella vita politica del paese dato che ha come padre Zulfiqar Ali Bhutto, presidente e primo ministro pakistano rispettivamente nel 1971-1973 e nel 1973-1977. Benazir, dopo aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza in patria si reca ad Harvard (dove si laurea nel 1973) e a Oxford per gli studi universitari e incomincia a collaborare con il padre. Appena tornata in Pakistan alla fine degli anni 70 subisce la deposizione e l’assassinio del proprio genitore, in seguito al colpo di stato del generale Muhammad Zia-ul-Haq che inoltre condanna Benazir agli arresti domiciliari. Nel 1984 ottiene l’autorizzazione a recarsi in esilio in Gran Bretagna, dove assume la guida del PPP, raccogliendo così l’eredità del padre.
Nel 1988 dopo la morte di Muhammad Zia-ul-Haq, torna in Pakistan e vince le elezioni con il PPP, diventando la prima donna a capo di uno stato musulmano in epoca moderna. Nel 1990 viene destituita e accusata di corruzione e le elezioni tenutesi in quell’anno segnano la sconfitta del suo partito che rimane all’opposizione fino al 1993, anno in cui Benazir ottiene per la seconda volta la vittoria elettorale e la carica di primo ministro. Nel 1996 nuove accuse di corruzione la costringono ad abbondare la carica ricoperta e nel 1999, in seguito alla sua incriminazione per i (presunti) reati commessi, fugge in esilio, interrotto nell’ottobre del 2008 dopo 8 anni grazie al patto con il quale ottiene l’amnistia per i reati commessi.
La morte e i possibili colpevoli. Appena arrivata in patria un terribile attentato che causa più di 100 morti colpisce la folle assiepata ai lati della strada in cui transita il corteo di Benazir Bhutto. La donna rimane miracolosamente illesa. Ma la fortuna l’abbandona il 27 dicembre quando mentre si allontana da un comizio viene coinvolta in un attentato terroristico. Nei giorni successivi si susseguono varie versioni della sua morte (prima dovuta a colpi d’arma da fuoco, poi ad un trauma cerebrale causato dal forte impatto con il tettuccio della macchina di rappresentanza, infine un video smentisce la tesi precedente dando l’impressione di una vera e propria esecuzione) che non fanno altro che creare confusione e incertezza. Ma chi può aver voluto tanto?. Tra tutti, 3 sono i soggetti maggiormente indiziati.
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Al Queda / I talebani.
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I servizi segreti pakistani contaminati da infiltrazioni talebane e fondamentaliste.
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Lo stesso Pervez Musharraf, che dal 1999, in seguito ad un colpo di stato, detiene il potere.
Tutti costoro avevano le loro ragioni per uccidere Benazir Bhutto, chi per negare l’esportazione della democrazia nel paese asiatico, chi per eliminare un pericoloso avversario politico. Mentre si susseguono accuse e smentite l’opinione prevalente è che la verità difficilmente verrà a a galla e il mandante del brutale omicidio rimarrà impunito. Non mancherà forse un capro espiatorio, ottimo per coprire i veri colpevoli.
Concludendo non resta che piangere la morte di Benazir Bhutto, non tanto perché lo fanno tutti, ma perché scompare una persona coraggiosa, capace di lottare per tutta la vita per la democrazia, senza se e senza ma fino alla morte (la donna aveva ricevuto numerose minacce ma questo non l’aveva fermata). Per questo il mondo finisce con l’essere senz’altro più povero.
Il Gorgonauta.