Entra in vigore in Italia dal 1 gennaio 2011, con 3 anni di ritardo, la direttiva CEE che nel 2007 ha decretato l’arresto della produzione e della distribuzione negli esercizi commerciali delle shopping bags, ossia dei sacchetti di plastica.
Dal 1 gennaio i negozianti potranno esaurire le loro scorte, senza far pagare, in teoria, i sacchetti ai loro clienti.
Successivamente si pensa di sostituire i classici sacchetti di plastica con sacchetti biodegradabili dotati di un codice identificativo in grado dai autenticare la loro biodegradabilità ma nel frattempo in mancanza di decreti applicativi, di norme tecniche e di ulteriori precisazioni prevale il fai da te e l’improvvisazione.
L’eliminazione dei sacchetti di plastica rappresenta indubbiamente un vantaggio per l’ambiente (essi impiegano decine di anni per decomporsi) ma anche un costo in più per i consumatori. I sacchetti biodegradabili infatti costano mediamente di più e i negozianti potrebbero far ricadere il maggior costo sui loro clienti.
I sacchetti biodegradabili inoltre hanno una qualità minore rispetto a quelli di plastica : si rompono e si aprono più facilmente, sopratutto con la pioggia. La loro scarsa resistenza gli impedisce di essere riciclati come buste per la spazzatura cose che era invece possibile fare con i loro “fratelli” meno ecologici.
Inconveniente a cui si pensa comunque di rimediare costruendo buste biodegradabili con materiali sempre ecologici ma più resistenti.
La fine delle shopping bags rappresenta la fine di un’epoca, quella dei consumi sfrenati e irresponsabili, destinata a chiudersi in favore di un’altra contraddistinta da una maggiore consapevolezza e da una nuova economia volta al rispetto dell’ambiente. Epoca della quale i sacchetti di plastica erano, in fondo, un simbolo.
Ma anche un cambiamento destinato ad incidere nelle vite di tutti i cittadini. E come spesso accade nel nostro paese un cambiamento che muove i suoi primi passi nell’incertezza.