Fusione fredda, all'italiana
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Fusione fredda, all'italiana

Due settimane a questa parte giornali online, blog e testate di settore stanno trattando – e disquisendo – sulla scoperta di due ricercatori dell’Alma Mater di Bologna: Andrea Rossi e Sergio Focardi, il primo ingegnere, il secondo fisico.

Fusione Fredda

Prima di parlare – seriamente – della scoperta bolognese è opportuno considerare come, ad oggi, viene prodotta l’energia nucleare.

Cominciamo distinguendo le due reazioni nucleari più comuni: la fusione e la fissione.

La prima è il fenomeno grazie al quale tutti i giorni una palla di gas che chiamiamo Sole, riesce a produrre una temperatura (nel nucleo) di oltre 15 milioni di gradi. Ciò avviene grazie a due fattori: pressione e temperatura. In questo modo 2 atomi di idrogeno si fondono formando un atomo di elio, rilasciando un enorme quantità di energia che c’irraggia e scalda da oltre 4,5 miliardi di anni.

La seconda è invece il fenomeno opposto, usato tanto nelle centrali quanto nelle bombe nucleari, si basa sul bombardamento tramite neutroni di un materiale fissibile – come l’uranio o il plutonio– che ne scinde gli atomi e genera una reazione a catena controllata.

Le centrali a nucleari hanno perciò bisogno di materiale appositamente trattato – raro e costoso– con tutti i problemi legati alla sicurezza ed allo smaltimento delle scorie radioattive.

Per questo motivo è da 20 anni a questa parte che ricercatori di tutto il mondo stanno inseguendo il mito di un energia pulita, a basso costo e infinita chiamato “fusione fredda”.

Come suggerisce il nome, la fusione “fredda” differisce dalla fusione nucleare “standard” perché non necessita delle temperature e delle pressioni che si sviluppano nelle stelle, ma al contrario, sfruttando le proprietà di un catalizzatore, permette la fusione di nuclei atomici che a loro volta rilasceranno energia pulita ed a basso costo.

Come già scritto prima, un mito.

Cold Fusion in Bologna

La notizia dei due ricercatori bolognesi ha riportato l’interesse dei media sull’argomento dopo l’annuncio, avvenuto a metà gennaio, della realizzazione di un reattore – o Energy Catalyzer – funzionante a nichel ed idrogeno e capace di produrre 12.000 W/h consumandone 600 – questi sono i dati di uno degli esperimenti fatti alla presenza di alcuni giornalisti e ricercatori.

Nel mondo accademico c’è però grande scetticismo sui risultati dei due italiani: poiché il processo è coperto da segreto industriale, non sono state rilasciare specifiche riguardo alla tecnologia ed ai fenomeni che avvengono tra i due elementi per far si che avvenga l’agognata reazione di fusione, che da idrogeno-nichel produce rame. Inoltre gli stessi ricercatori non riescono tutt’ora a spiegare esattamente, se non tramite congetture, il motivo dei risultati ottenuti.

Da parte loro Rossi e Focardi rigettano le accuse di ciarlataneria, riportando articoli, peer-reviews ed esperimenti sul proprio blog Journal of Nuclear Physics, ed affermando che la conferma del mondo accademico non è necessaria per loro, consci della validità della propria invenzione, considerano il mercato il vero giudice: al momento sono in produzione esemplari del “catalizzatore energetico” destinate al mercato aziendale delle energie alternative.

Per ora, fiduciosi o scettici, facciamo i migliori auguri ai due inventori e rimaniamo tutti in ascolto di nuovi sviluppi ed interessanti sviluppi riguardo questa tecnologia.