Nei giorni scorsi una proposta di legge presentata dall’Idv sulla soppressione delle province non ha ricevuto l’approvazione della Camera.
Contro la proposta ha votato la maggioranza (all’interno della quale 63 deputati del Pdl si sono astenuti), a favore l’Idv e il Terzo Polo. Il Pd invece si è astenuto, determinando così la mancata adozione del provvedimento e suscitando le ire di Antonio Di Pietro.
Dell’abolizione delle province si parla oramai da molti anni e uno dei temi della scorsa campagna elettorale ha riguardato proprio la loro eventuale soppressione, tra promesse e buoni propositi. Promesse che però, puntualmente, non vengono e sono state mantenute (nel 2009 infatti un simile tentativo andò incontro allo stesso destino).
Abolire le province comporterebbe da una parte un notevole risparmio in tema di spesa pubblica (circa 7 miliardi in meno all’anno secondo la Confesercenti) ma dall’altra anche una ridistribuzione delle funzioni ora di competenza di questi enti ad altre amministrazioni locali o comunque un riordino dell’attuale sistema istituzionale.
Compiti come la difesa del suolo, la tutela e valorizzazione dell’ambiente, la viabilità e i trasporti, la gestione dei rifiuti, la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche o la protezione della flora e della fauna sono tutti aspetti di cui si occupano, di concerto con Regioni e Comuni, le amministrazioni provinciali.
Una soluzione al problema sarebbe quella di affidare questi compiti ai Comuni (accorpandoli sotto forma di aree metropolitane o comuni associati) e/o alle Regioni. Tutto cio comporterebbe tuttavia anche la necessità di incrementare il personale presente in questi uffici pubblici, personale già di per se insufficiente per le attuali esigenze e comunque in un quadro di un blocco delle assunzioni nel settore del pubblico impiego.
Ecco allora una seconda soluzione. Mantenere le province riducendo gli sprechi e la cattiva amministrazione la dove è possibile eliminarla. Riducendo quindi i finanziamenti, le consulenze e le spese non necessarie; programmando una migliore e più razionale gestione delle risorse disponibili; semplificando infine il carico degli adempimenti burocratici a carico del cittadino.
C’è comunque un ulteriore aspetto che gioca a favore del mantenimento delle province. Queste infatti sono eccellenti serbatoi di voti e di poltrone, pertanto è interesse di qualsiasi forza politica battersi per non vederle cancellate. Le province italiane quindi invece che diminuire, aumentano. Erano 107 nel 2001, sono diventate 11o nel 2004. Tra queste ecco la provincia dell’Ogliastra, con ben 60.000 abitanti (!).
E allora, come direbbe un infastido Archimede, Noli tangere provinciae meae.