15 Giugno 2017. Il mondo Milan, da questo pomeriggio, è sotto shock. Gianluigi Donnarumma, 18enne portiere rossonero, ha risposto, attraverso il suo procuratore Mino Raiola, un secco ‘no’ all’offerta di rinnovo di contratto per cinque anni propostagli dal club di Via Aldo Rossi.
["Le cifre erano anche più alte di quelle riportate sui giornali – ha commentato l'amministratore delegato del Milan, Marco Fassone, oggi in conferenza stampa -: decisione che ci amareggia, ma il Milan va avanti".](http://www.pianetamilan.it/focus/donnarumma-il-gran-rifiuto-ora-cessione-immediata/)
Niente di grave per carità, un semplice ragazzino un pò viziato un pò ambizioso che, spinto dall’arroganza del suo procuratore ha deciso di rifiutare i milioni sonanti della sua amata squadra (bacio alla maglia cit. ) per averne di più sonanti.
Non ci interessa parlare però del fatto che sia giusto o sbagliato quello che è appena successo; ma la domanda è una sola: quanto contano i procuratori nel calcio moderno?
La risposta è tanto. Troppo per qualcuno, il giusto per altri ma una cosa è certa, col mondo calcistico diventato ormai un vero è proprio business, con miliardi di giri di affari dietro, contratti capaci di far smuovere politici, aziende e tangenti; il procuratore fa semplicemente il suo mestiere, ovvero, l’interesse del proprio cliente.
E in un mondo calcistico del genere l’interesse ormai è uno solo, soldi e fama. I trofei e gli scudetti diventano ormai marginali, se una squadra riesce a fatturare più che vincendo trofei ha vinto, e per i calciatori vale lo stesso.
Beati i tempi di chi ha visto Maradona in campo.