Il videogioco induce alla violenza?
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Il videogioco induce alla violenza?

Il videogioco viene spesso accusato di indurre i giovani (i suoi maggiori consumatori) alla violenza e all’aggressività.

2 studi. Uno studio ha dimostrato che le rappresentazioni di violenza simulata al computer attivano le stesse zone cerebrali che entrano in funzione durante le risposte a situazioni di pericolo che si presentano nella vita reale. La reazione aggressiva provata davanti al pc nell’eliminare un orrido mostro/nemico genera, nel nostro cervello, una reazione chimica identica a quella che ci potrebbe provocare una qualsiasi situazione di pericolo nella vita reale. L’esperimento ha coinvolto tredici appassionati di videogiochi di età compresa fra i 18 e i 26 anni. Durante diverse sessioni di gioco, il cervello dei giocatori è stato analizzato attraverso una scansione a risonanza magnetica: i dati finali hanno mostrato come l’amigdala (la sede dell’anima, almeno secondo Cartesio) e la corteccia anteriore (la sede delle funzionalità più complesse del nostro cervello, che danno poi origine alla coscienza individuale) si spengano, disattivandosi in ogni occasione in cui si debba reagire violentemente alle situazioni di gioco. Come nella vita reale il cervello ed il corpo si preparano, con questa particolare attività neurochimica, a reagire con aggressività alla minaccia incombente.

Questo almeno è il risultato finale di un esperimento dell’equipe guidata dal dottor Klaus Mathiak, psicologo dell’Università di Aachen .

Un altro studio è stato compiuto su 44 teenager dal dottor Vincent Matthews, docente di Radiologia presso l’Indiana University School of Medicine. I ragazzi sono stati monitorati durante sessioni di gioco da 30 minuti con prodotti violenti (Medal of Honor: Frontline) e non (Need for Speed). In seguito ai soggetti sono state richieste una serie di attività da effettuare sotto l’occhio della risonanza magnetica per poter rilevare le differenze fra i 2 gruppi di giocatori. I giovani che avevano giocato al titolo violento hanno mostrato precise differenze nell’attivazione del cervello rispetto agli altri.Queste attivazioni sembrano essere paragonabili al cosiddetto f_ight-or-flight response_. Una sorta di stimolo che fa reagire il cervello, con segnali alle ghiandole surrenali per la produzione di ormoni come l’epinefrina (adrenalina) e norepinefrina. Insomma, aumenta la tensione muscolare, cresce il battito cardiaco, sale la pressione del sangue e accelera anche la respirazione. Ma questa non è altro che la definizione scientifica di normali situazioni di stress, che nel lungo periodo potrebbero essere responsabili di problemi più gravi.

Lo studio per il momento ha individuato che vengono stimolate durante il gioco parti del cervello diverse e la stessa Radiological Society of North America (RSNA) ha dichiarato:

  • Questo studio ha dimostrato che i giocatori di titoli violenti attivano maggiormente le regioni del cervello associate al risveglio emozionale, e meno a quelle esecutive. Vi è bisogno di più studi per comprendere se questa combinazione di effetti è capace di rendere gli individui più inclini alla violenza

Recentemente é stata impedita in vari paesi la vendita di Rule of Roses, videogioco ritenuto troppo violento. Precedentemente un altro gioco Manhunt, aveva sollevato altrettante critiche concluse in Italia con un divieto di vendita ai minori di 18 anni. Da più parti è stato invocato un sistema per catalogare i videogiochi utilizzando bollini di colore diverso sulle confezioni per segnalare il contenuto degli stessi: rosso per quelli a soggetto erotico e violento, vietati ai minori di 18 anni; arancione per i videogiochi dai contenuti fuorvianti, vietati ai minori di 14 anni; giallo per la fascia di età 14-18 e verde per il videogioco accessibile a tutti.

Ma dobbiamo davvero puntare il dito contro questo passatempo? A quanto pare si, visto che è molto meglio un capro espiatorio piuttosto che un esame di coscienza. E’ vero, il nostro cervello reagisce in un certo modo davanti a giochi violenti ma queste sensazioni non si provano anche davanti a un brutale film horror o leggendo un libro giallo? Nel buio della notte, se soli, se facciamo una di queste cose, non ci si sobbalziamo al minimo rumore? Insomma se proibiamo i primi proibiamo pure tutto il resto: film, libri e persino quadri e canzoni poiché ciascuna di queste cose può indurre alla violenza. E i genitori, i primi a lamentarsi, perché non educano il proprio figlio insegnandoli qual’è la differenza tra giusto e sbagliato, tra male e bene, tra realtà e finzione? Se si compra al proprio figlio di 10 anni per Natale un bel gioco violento (ad es. GTA) di chi è la colpa? del videogioco in quanto esiste o del genitore incosciente che poi scarica le proprie colpe sul primo?

Il videogioco è una forma d’arte e come tale va rispettato in tutte le sue varianti. E lo stesso ragionamento si può applicare in campo cinematografico, letterario. In segno positivo lasciando piena libertà, in senso negativo andando a dire che solo un tipo di film è adatto, solo un certo libro può essere letto. Ma se tuteliamo la libertà d’espressione e tante altre libertà questo ovviamente è impensabile. Il problema si riduce a uno solo : dell’uso che si fa dell’oggetto e solo questo può essere giusto o sbagliato.

Infine mi permetto di fare questo ragionamento: un ragazzo dopo aver giocato scende in strada e spara all’impazzata credendo di essere dentro il videogame. Cosa accusiamo qui : il prodotto o l’uomo? Il secondo perchè è l’individuo nella sua libertà che compie il gesto. Nella vita reale il videogioco non chiede al ragazzo nulla di questo genere, ne glielo ordina. Invece di accettare la realtà di una mente disturbata preferiamo cercare un colpevole.

L’educazione anche in questo caso è il punto di partenza. Insegniamo ai nostri figli invece di lasciarli in balia di loro stessi e del mondo che li circonda, evitando così di piangere (a volte come i coccodrilli) davanti alla tragedia.

Il Gorgonauta.