Dossier: la fine dell'età del petrolio.
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Dossier: la fine dell'età del petrolio.

Oggi siamo abituati a considerare il petrolio come qualcosa di inesauribile e perciò ancora peggio ad usarlo e sprecarlo per ogni cosa. Ma il problema è che esso è tutt’altro che infinito perciò un giorno saremo costretti a farne a meno. Che succederà allora? ritorneremo ad abitare nelle caverne?

Ma la prima questione da risolvere è la seguente: quando finirà l’età del petrolio?

Oggi il consumo giornaliero di petrolio si aggira intorno agli 80 milioni di barili mentre quello annuale è intorno ai 26-28 miliardi. Le riserve mondiali petrolifere, tra quelle già esistenti e quelle da scoprire tramite nuovi giacimenti, sono estremamente difficili da calcolare in quanto da una parte le compagnie petrolifere e gli stati produttori tendono a gonfiare le cifre e perciò a non offrire dati reali, mentre dall’altra vi sono oggettive difficoltà tecniche di calcolo. Alcuni parlano di una disponibilità che si aggira attorno ai 1100 o 1300/1400 miliardi di barili ancora da sfruttare mentre i più ottimisti si spingono fino a 1700 miliardi. Da questo calcolo restano fuori i giacimenti ancora da scoprire. Le cifre sembrano rassicuranti (tenendo fermo il consumo annuale si ottengono ancora 50/60 anni di spreco assicurato) e se poi si aggiungono i miliardi di barili sfruttabili da giacimenti ancora da scoprire (si parla per eccesso di 900 miliardi che prolungherebbero di circa 30 anni lo spreco) si può essere accusati di catastrofismo.

Ma non son tutte rose e fiori. Infatti bisogna tener conto che :

  • il consumo annuale è destinato a crescere in quanto alcuni paesi, oggi poco industrializzati come Cina e India, in un futuro poco lontano consumeranno quantità maggiori di petrolio. Il consumo annuale cresce del 2,5% l’anno ed è difficile credere che questi paesi punteranno su energie rinnovabili per il loro sviluppo. Alcune stime parlano di un consumo annuale di 42 miliardi di barili intorno al 2020. In questo caso facendo un rapido calcolo a partire da quella data e stando a quei consumi il petrolio non basterà per più di 30 anni. Ancora peggio andrà se i restanti paesi del 3° mondo conosceranno una rapida crescita industriale perchè in questo caso le previsioni saranno ancora più preoccupanti.

  • le energie rinnovabili, ideali sostitute del petrolio, a livello mondiale non raggiungono neanche il 10% della copertura mondiale di fabbisogno energetico. E’ difficile credere che nel breve periodo le cose cambieranno date le difficoltà, già emerse con il protocollo di Kyoto, a giungere ad un accordo di livello globale. Aggiungiamo che i paesi industrializzati fino ad ora faticano a convertirsi alle energie rinnovabili (mentre in alcuni settori come quello dei trasporti una conversione è a dir poco improbabile nei prossimi anni) mentre i paesi in via di sviluppo a fatica rinunceranno a partecipare al banchetto dello sfruttamento petrolifero insistendo su un loro diritto a farlo così come questo spettava ai paesi ricchi occidentali. Insomma i consumi sono cmq in aumento e a fatica potranno essere coperti con energie “pulite”.

  • a partire dagli anni 80 nessun giacimento di grandi dimensioni è stato scoperto. Perciò coloro che sostengono che cmq si continuerà a scoprire petrolio hanno fatto male i loro conti. Oggi si consumano 4/5 barili di petrolio per 1 che viene scoperto e per fare un esempio nel 2001 i nuovi giacimenti rinvenuti hanno potuto garantire una sfruttamento complessivo che si aggirava intorno agli 8 miliardi di barili ma dato che il consumo mondiale sia aggira attorno ai 28 c’è un deficit di ben 20 miliardi di barili che ricadrà perciò su quelli già scoperti. Inoltre numerose nazioni del mondo hanno già raggiungo il loro picco di produzione, come es gli Stati Uniti negli anni 70, mentre altre lo raggiungono o lo hanno raggiunto in questi anni come Gran Bretagna , Messico e Russia. Dato che ovunque i pozzi sono già iper sfruttati non ci resta che sperare nelle inesauribili riserve del medio oriente..ma lo sono davvero?

Per rispondere occorre passare alla seconda questione ovvero la delicata situazione mediorientale.

In medio oriente si concentrano quasi il 70% delle riserve mondiali di petrolio.

  • Arabia Saudita. Essa detiene oltre il 20% delle riserve mondiali ma il suo guaio è che esse sono concentrate solo in 6/7 grandi giacimenti e dal 2005 non si realizzano aumenti di produzione. Alcuni di questi enormi depositi naturali sembrano inoltre sulla via del tramonto. Il giacimento di Ghawar, il più grande al mondo e che inoltre rappresenta da solo il 60% del petrolio saudita, sembra si trovi in difficoltà. Secondo, Mattehw R. Simmons, ex consulente di Bush, questo enorme giacimento soffre di problemi relativi alla gestione dell’acqua (nei giacimenti viene immessa acqua per mantenere alta la pressione e poter estrarre il petrolio e perciò maggiore è l’acqua minore è il petrolio) e registra un calo di produzione. Ovviamente questo non è ufficiale (in Arabia saudita per quanto riguarda il petrolio vi è il segreto di stato) ma è lecito fare supposizioni.

  • Kuwait. In questo paese il secondo giacimento a livello mondiale, Burgain, è in crisi. Infatti il livello di produzione è sceso d 1, 9 a 1, 7 milioni di barili al giorno e sembra posso scendere ancora. Insomma anche questo giacimento sembra aver toccato il proprio picco di produzione e perciò essere destinato ad un inevitabile calo.

  • Iraq. Il paese detiene quasi l’11% delle riserve mondiali ma è ancora in larga parte da scoprire. In futuro l’iraq potrebbe sostituire l’Arabia Saudita come primo produttore a livello mondiale.

  • Iran. Anche l’Iran possiede una buona quota di mercato ma gran parte della sua produzione è assorbita dal mercato interno, come sta avvenendo in Arabia Saudita, a causa dell’incremento demografico e dello sviluppo economico della nazione.

Riserve petrolifere Tabella 1. (fonte wikipedia)

N° Paese Milioni di barili % sul totale Vita media residua
1 Arabia Saudita 264.300 21,9% 66
2 Iran 137.500 11,4% 87
3 Iraq 115.000 9,5% 157
4 Kuwait 101.500 8,4% 103
5 Emirati Arabi Uniti 97.800 8,1% 90
6 Venezuela 80.000 6,6% 78
7 Russia 79.500 6,6% 22
8 Libia 41.500 3,5% 62
9 Kazakhstan 39.800 3,3% 76
10 Nigeria 36.200 3,0% 40
11 USA 29.900 2,5% 12
12 Canada 17.100 1,4% 15
13 Cina 16.300 1,3% 12
14 Qatar 15.200 1,3% 37
15 Messico 12.900 1,1% 10
16 Algeria 12.300 1,0% 17
17 Brasile 12.200 1,0% 19
18 Angola 9.000 0,7% 18
19 Norvegia 8.500 0,7% 8
20 Azerbaijan 7.000 0,6% 29
Resto del mondo 74.700 6,2% *
Totale 1.208.200 100% 40,5

Paesi produttori Tabella 2. (fonte wikipedia)

N° Paese Milioni di barili % sul totale
1 Arabia Saudita 3963 13,3%
2 Russia 3366 12,0%
3 USA 2508 8,4%
4 Iran 1585 4,5%
5 Cina 1345 4,5%
6 Messico 1344 4,5%
7 Canada 1148 3,9%
8 Emirati Arabi Uniti 1084 3,6%
9 Venezuela 1031 3,5%
10 Norvegia 1014 3,4%
11 Kuwait 987 3,3%
12 Nigeria 898 3,0%
13 Algeria 732 2,5%
14 Iraq 730 2,4%
15 Libia 670 2,2%
16 Brasile 6660 2,2%
17 Regno Unito 597 2,0%
18 Kazakistan 520 1,7%
19 Angola 514 1,7%
20 Qatar 413 1,4%
Resto del mondo 4497 15,1%
Totale 29807 100%

Insomma anche il magico rubinetto del medioriente sta mostrando i primi segni di difficoltà e anche in questa regione il picco di produzione sembra avvicinarsi. Ma esso cos’è?

Questo ci porta alla terza questione ovvero al picco di Hubbert.

Nel 1956 M. King Hubbert, geologo prima alla Shell poi al United States Geological Survey, elaborò e poi pubblicò alcune conclusioni personali sulla base di studi matematici e dell’esperienza appresa sul campo. Secondo lui il petrolio avrebbe raggiunto il proprio picco di produzione intorno alla fine del 900 per poi esaurirsi negli anni successivi mentre la produzione americana avrebbe raggiunto il proprio massimo negli anni 70. All’inizio Hubbert non venne preso sul serio ma quando la sua seconda previsione si rivelò esatta le cose cambiarono. Oggi perciò si discute se anche la prima profezia di Hubbert è esatta oppure no e ci si divide su quando il picco verrà raggiunto. Ma in che cosa consiste tale picco?

Hubbert illustra l’evoluzione della produzione di una qualsiasi risorsa naturale limitata, che attraversa una fase di rapida espansione, tocca il suo massimo e poi cade in una inevitabile fase di declino fino all’esaurimento. Questo ragionamento può essere applicato anche al petrolio e perciò è di inevitabile importanza stabilire quando questa materia prima toccherà il suo massimo di produzione, ossia l’offerta sarà minore della domanda. Questo comporterà una limitata disponibilità della stessa e un suo maggior costo.

A livello mondiale la situazione è allarmante tanto da dar ragione allo stesso Hubbert. Gli Stati Uniti hanno raggiunto da tempo ormai il proprio picco, chi dice nel 1962, ed ora segnano un calo della produzione del 25% nonostante siano aumentate le trivellazioni sul territorio nazionale (e un ulteriore meno 500.000 è dovuto alle piattaforme petrolifere distrutte dall’uragano Katrina); in Messico il terzo giacimento a livello mondiale, quello di Cantarell, passerà dai 2 milioni di barili al giorno odierni a poco più più di 1.43 entro il 2008; la Gran Bretagna ha raggiunto il proprio picco nel 2002; la Norvegia segnala un altro meno 500.000 barili estratti dalle sue piattaforme nel Mare del Nord e la propria produzione segna un declino irreversibile del -18% ; in Nigeria cala la produzione e le continue tensioni nel paese portano a sprechi e distruzione degli impianti petroliferi (il picco dicono che è stato raggiunto nel 2007); il Medioriente non è da meno e come descritto sopra regista un calo di produzione (unico caso in controtendenza l’Iraq); infine la Russia ha posto sotto segreto di stato la propria produzione ma essa ha cominciato a calare dal 2003. In totale un bel calo dell’8% l’anno.

Alla luce di tutto questo quando verrà raggiunto il picco? C’è chi dice che è già stato raggiunto proprio in questi anni, chi dice nel 2010 mentre altri affermano attorno al 2020 anche se il petrolio non Opec potrebbe già esaurirsi entro il 2015. Alcune compagnie petrolifere affermano che l’olio nero potrebbe piccare entro il 2030 mentre i più ottimisti pongono più avanti la data del picco, collocandola alla fine del 2100. La difficoltà è data dal fatto che mentre si conosce con esattezza il petrolio consumato è ignoto quello ancora disponibile. Ma al di là della data un unico dato è certo : che prima o poi il petrolio finirà.

In seguito trattiamo alcune questioni legate a quanto detto finora.

  • L’oro nero è passato dai 18 dollari al barile (anno 1999) ai 58 e oltre dollari al barile (anno 2005) e la sua corsa sembra inarrestabile. (attualmente si aggira attorno ai 70/75 dollari) con un aumento del 300%. Qual’è la spiegazione al fenomeno?
  1. l’aumento del prezzo è dovuto ad una minore disponibilità del prodotto.

  2. il prezzo è gonfiato da produttori e compagnie petrolifere per ricavarci sopra alti profitti.

  3. il prezzo rispecchia il valore della risorsa.

  4. maggiore domanda.

  • Grandi nazioni come Cina, India e Usa stanno cercando di accaparrarsi le riserve petrolifere mondiali. La prima, dato che ormai è rimasto poco, si concentra sull’Africa dato che solo nel 2004 il 25% del petrolio cinese era di provenienza africana e da allora la percentuale non avrà fatto altro che salire. Anche la seconda, dato che le proprie risorse interne bastano solo a coprire il 30% del fabbisogno energetico nazionale e sono in declino (aggiungiamo poi che necessita di un fabbisogno giornaliero di 113 milioni di barili), si sta muovendo sul mappamondo energetico. L’India continua ad avere forti rapporti commerciali con il medioriente (Iran e Arabia Saudita in testa) e con la Russia ma ha stipulato numerosi accordi in varie parti del mondo (prevalentemente America Latina e Indocina) per poter puntare su fornitori diversificati. Infine anche gli Usa sono fortemente dipendente dalle importazioni (il petrolio americano copre solamente il 40% del fabbisogno nazionale) e probabilmente (opinione personale) puntano a controllare l’area mediorientale. La recente guerra con Iraq e forse la futura con l’Iran potrebbero nascondere, dietro falsi ideali di democrazia, il tentativo di dominare l’area più ricca di petrolio al mondo.

A questo punto non ci resta che trattare l’ultima questione ovvero quella del nostro futuro.

Trattiamo prima le conclusioni di quanto detto fino ad ora. Da una parte il petrolio sta finendo, i consumi aumentano (grazie alla popolazione globale sempre più numerosa) e nuovi paesi, che comprendono quasi un terzo della popolazione mondiale, si affacciano sulla scena economica, dall’altra né le nuove tecnologie né le fonti di energia rinnovabili al momento possono risolvere il fenomeno. Quali sono allora le strade da percorrere per evitare che in futuro il petrolio sia ricchezza di pochi e povertà di molti? Innanzitutto credo sia da attuare un risparmio energetico e nei consumi poi bisogna incoraggiare a livello planetario l’uso di fonti di energia alternative. La strada sarà lunga e comporterà sacrifici, che coinvolgeranno anche il nostro stile di vita, ma mi sembra l’unico modo per evitare che in futuro il problema petrolifero sia causa di conflitti e devastazioni, ambientali e non. Ma fino a quando la terra sarà per l’uomo IL luogo da sfruttare e non quello DOVE VIVERE il problema sarà sempre lo stesso.

Il Gorgonauta.