Andiamo Mister Bolla!
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Andiamo Mister Bolla!

The Story so far

Cominciamo con ordine.

Sul finire dell’ormai lontano (in termini videoludici) 2003, gli Irrational Games, già famosi (si fa per dire) per altri titoli come SystemShock2 e Freedom Force, si mettono in testa di dar vita ad uno sparatutto in soggettiva diverso e per molti aspetti migliore, rispetto alla media degli FPS presenti sul mercato.

Il progetto prende vita e viene dato in pasto alla stampa di settore il titolo del gioco: BioShock, una vera e propria rivoluzione del genere, un’opera con la quale tutti gli altri titoli avrebbero dovuto fare i conti.

Nel bel mezzo del cammin…

Probabilmente vi starete chiedendo ancora chi cavolo sia questo Mister Bolla e cosa c’entri con questo gioco.

Datemi 900 caratteri e un quarto d’ora del vostro tempo e ve lo spiego:

1960, notte, siamo su un aereo intercontinentale, in mezzo all’oceano, guardiamo il regalo che ci hanno inviato i nostri genitori, fumiamo un sigaro, leggiamo la dedica, non abbiamo il tempo di reagire.

Uno scossone: L’aereo precipita, perdiamo i sensi.

Solo dopo qualche minuto rinsaviamo, siamo sott’acqua, stiamo soffocando, annaspiamo fra i flutti per riemergere, lo spettacolo è devastante.

L’aereo sta colando a picco, non c’è anima viva oltre a noi, vediamo un faro nelle vicinanze, un isolotto sperduto in mezzo a quel disastro: brancolando nel buio delle onde, rotto dalle ravvicinate esplosioni degli ultimi relitti dell’aereo, raggiungiamo la terraferma.

“Perché? Chi siamo? Cosa sta succedendo?”

Non abbiamo il tempo di porci queste domande, saliamo le scale del faro e scopriamo all’interno una piccola batisfera, vi entriamo.

La sfera comincia la sua infernale discesa: la nostra dantesca avventura nelle viscere di Rapture ha inizio.

Un po’ Orwell, un po’ Shelley, molto Lang

Durante la nostra discesa scopriamo che Andrew Ryan, carismatico industriale dal pallino per l’autodeterminazione, ha creato, durante i due precedenti lustri, una città sommersa ipertecnologica: Rapture, per l’appunto.

In questa città-stato, lontana dalle influenze dalla guerra fredda e delle dispute religiose, le migliori menti scientifiche ed economiche del tempo possono trovarsi e lavorare insieme libere da qualsiasi morale filosofica o religiosa.

Come potrete ben intuire, nella migliore delle tradizioni Orwelliane, su questo paradisiaco Eden della scienza non poteva non attecchire il morbo degli interessi personali.

Nel momento in cui arriviamo, la città è completamente allo sbando, in preda all’anarchia più totale. Scopriamo ben presto che gli scienziati di Rapture avevano trovato il modo di modificare le capacità genetiche degli abitanti tramite la sintesi di una sostanza, chiama Adam (ogni riferimento biblico è assolutamente casuale) e di rigenerare i tessuti morti (chi ha detto vita eterna?).

Il passo successivo è stato trovare il modo non solo di rigenerare le cellule, ma anche di modificarle a piacimento: la strada per avere un corpo atletico senza il minimo sforzo o la capacità di spostare gli oggetti con la mente era sgombra. Come al solito, però, tra il dire ed il fare c’è di mezzo il male, Rapture ben presto si trasforma da Eden a inferno; gli innesti genetici portano le persone (dette ricombinati) alla pazzia e la battaglia per il controllo dell’Adam si fa sempre più serrata, un braccio di ferro tra forze dell’ordine e civili che culmina in un genocidio di massa.

Andiamo Mister Bolla!

Il compito di Jack (e nostro) sarà riuscire a fuggire da questa città, imperversata da ricombinati a caccia di Adam ed Eve (l’energia che serve al “funzionamento” degli innesti genetici), sfruttando le armi (poco) convenzionali ed i poteri derivati dall’assunzione di Adam e plasmidi (gli “estratti” che permettono la modificazione genetica).

Personaggi chiave della storia, nonché pilastri su cui si regge tutto il “mercato” dell’Adam, sono le Sorelline, bambine modificate in modo da poter assimilare dal corpo delle persone decedute (che loro stesse definiscono “angeli”) tutto l’Adam che contengono.

A protezione delle inermi fanciulle, sono stati creati i Big Daddy, grossi omoni lobotomizzati dalla voce bovina, insaccati in vecchie tute da palombaro.

Non capita di rado d’incontrare questi tori ambulanti assieme alla loro sorellina, che li chiama: “Andiamo Mister Bolla!”. Ancor meno di rado capita di sentire la suddetta sorellina urlare al proprio Big Daddy: “Scucilo Mister Bolla!”: non vi dico che scarica di adrenalina sia vedere questo energumeno alto due metri piombarci addosso muggendo a tutto spiano in qualche decimo di secondo.

Taglia corto Save

Ok, ok, capisco di essermi dilungato veramente tanto, ma questo gioco è uno di quei titoloni di cui parlarne poco mi sarebbe sembrato un offesa, soprattutto rispetto al maniacale lavoro di ottimizzazione dell’engine, ambientazione e rifinitura dei dettagli fatto dagli sviluppatori.

Consiglio di cuore a chiunque si reputi un videogiocatore di vivere quest’esperienza, non tanto per il gameplay(che in difficoltà “semplice” è godibilissimo anche da chi un FPS non l’ha mai visto), ma piuttosto per come il gioco stesso sa attirare il giocatore in un universo distorto pieno di fascino decadente: Rapture assume sul serio i connotati di una città “vissuta”, dappertutto cartelli, insegne, pubblicità e diari di persone che, benché non contribuiscano al raggiungimento degli obbiettivi finali, permettono al giocatore di comprendere tutta la storia della potenza e decadenza della città.

Dunque per una volta è la trama a farla da padrona sull’azione, piena di colpi di scena, momenti di riflessione e impensabili rivelazioni. Mi sono ritrovato non poche volte a soffermarmi davanti all’orrore dei creatori di Rapture e della loro lucida follia.

Il game design basato interamente sull’integrazione dell’arredo urbano in stile art nouveau ed art decó da il meglio di sé, sontuoso e barocco come in pochi altri titoli (per inciso: io amo l’art decó e l’art nouveau, quindi il mio parere è condizionato a priori).

L’umidità, la claustrofobia, l’angoscia e l’odio dei mostruosi abitanti di Rapture permeano costantemente in modo sottile e naturale.

Ovviamente ogni “opera d’arte” ha i suoi difetti, primi tra tutti i (due) finali troppo “veloci” e in secondo luogo alcune (a dire il vero veramente poche) sezioni di gioco che sembrano essere state introdotte principalmente per allungarne la durata.

Lasciatevi assorbire dalla storia, dalla deviazione e dalla magia di uno dei migliori giochi di sempre: BioShock. Non ne rimarrete delusi.