Come spesso succede, si inizia a parlare e discutere di un problema solo dopo che ci scappa il morto. Così mi ritrovo a scrivere sui rave party dopo che è morto un diciannovenne per overdose durante il rave party che si è svolto tra sabato e domenica in un’area dismessa delle Ferrovie dello Stato a Segrate, alle porte di Milano.
I rave party o rave(dall’inglese “delirio”) sono manifestazioni musicali molto spesso illegali organizzate in tutto il mondo all’interno di aree industriali abbandonate o in spazi aperti, dalla durata di una notte o anche di alcuni giorni .
La n ascita dei rave risale alla fine degli anni ottanta, in un clima di generale contestazione politica, in un momento in cui negli Stati Uniti come in Europa si formano controculture tese a denunciare problemi politici, difficoltà economiche e disagi sociali.
I primi rave trovano vita nelle fabbriche abbandonate delle metropoli statunitensi, più precisamente nelle fabbriche di Detroit, per poi espandersi in Gran Bretagna e nel resto dell’Europa.
A quasi venti anni dall’inizio del fenomeno, i rave party sembrano vivere una seconda fase di sviluppo, gli appuntamenti con le feste illegali si moltiplicano.
Perché proprio come all’inizio degli anni Novanta, oggi le discoteche segnano il passo: anche sotto la spinta delle nuove norme sul fumo nei locali pubblici e sugli orari per la vendita degli alcolici, sono uscite dall’immaginario collettivo come luoghi del divertimento assoluto. Ecco allora l’onda anarchica dei rave illegali che, per lo più gratuiti, mettono in crisi il concetto di business legato al tempo libero.
Qui dove tutto è permesso, la sicurezza è però sempre un optional: “Ho sentito molti amici e colleghi che lavorano nell’ambiente a Milano, ma non sono riuscito a capire chi ha organizzato la festa di Segrate” _dice Coccoluto, uno dei deejay italiani più famosi in Europa, che iniziò la sua attività all’inizio degli anni Novanta proprio nei rave: _“Allora però si viveva una rivoluzione culturale, le discoteche erano viste come balere di lusso e chi andava ai rave cercava al contrario feste e divertimento libero, fuori dai circuiti commerciali. C’erano anche le droghe ma c’era un approccio meno nichilista di quello che vedo tra i giovani oggi. Le cose potranno andare meglio solo quando verrà messo sotto scacco il concetto che “drogarsi è fico” e non, com’è nella realtà, un affare da sfigati.”
In alcuni Paesi europei come la Francia, i Paesi Bassi, la Svizzera, il Belgio e la Germania, le autorità governative hanno cercato di arginare e di rendere controllabile il fenomeno rendendo queste manifestazioni legali ma, ciononostante, ancora oggi continuano ad essere organizzati party illegali in tutto il mondo. Tuttavia negli ultimi anni da fenomeno di controcultura «underground» i «rave party» si sono lentamente trasformati in un fenomeno diffuso e in una realtà per molti giovani appartenenti a diverse classi sociali e la progressiva manovra di mediatizzazione attuata dai governi ne ha determinato la morte, poiché ha svuotato queste manifestazioni del loro significato originario: oggi i «rave party» rischiano di divenire nell’immaginario collettivo poco più che enormi «supermercati della droga» e gli ideali di collettività, unità e libertà originari si stanno lentamente perdendo.
Nel 2002 in Francia è stato emanato un decreto di applicazione di una legge del 2001 (cosiddetta «legge Mariani»), che vieta l’organizzazione di «rave party», senza l’autorizzazione dei prefetti locali, non consente il raduno di oltre 250 persone e prevede in caso contrario il sequestro dell’impianto e conseguenze penali per gli organizzatori. La norma prevede anche il dispiegamento di agenti o, nei casi giudicati pericolosi per la pubblica sicurezza, il divieto di adunarsi.
Torniamo da dove siamo partiti; la morte di un giovane. Scontato quanto banale chiedersi di chi sia la colpa.
Molti a questo punto darebbero la colpa alla società. Io credo sia un punto di vista troppo semplicistico perché molto spesso ci dimentichiamo che siamo tutti noi che formiamo la società. Se io penso che se mi drogo sono fico e chi non lo fa è sfigato; mi dite che colpa ha la società? Se per me andare in giro a chiedere i soldi è giusto; mi dite che colpa ha la società? Semplicemente viviamo nell’era del “Non volersi assumersi le proprie responsabilità” sperando che un qualche fato divino ci risolva i problemi dando così la colpa delle nostre sofferenze ai genitori, agli insegnanti, allo Stato perché così è tutto più semplice dimenticandoci che i primi con cui dobbiamo prendercela siamo noi stessi.
Concludendo di per sé non credo che il problema siano i rave, perché come detto in precedenza questi non sono altro che manifestazioni musicali ma il problema siamo noi giovani che abbiamo perso il senso della vita.
Radio Rebelde