Dallo scorso sabato, quando il quindicenne Alexis Grigoropoulos è stato ucciso da un poliziotto, la Grecia è attraversata da disordini _e scontri_, quest’ultimi in particolar modo tra studenti e forze dell’ordine. E oggi è anche stata la giornata dello sciopero nazionale indetto dai sindacati per chiedere riforme su salari e pensioni e un maggiore intervento dello Stato nel rilancio dell’economia.
Secondo i primi risultati dell’autopsia ad uccidere il ragazzo sarebbe stato un corpo di rimbalzo, non ad altezza d’uomo, sparato dall’agente, ora sotto inchiesta assieme al collega, dopo che il loro mezzo era stato attaccato da 30 ragazzi nel quartiere Exarchia di Atene. Secondo il poliziotto quindi nessuna volontarietà ma solo una tragica fatalità, anche se alcuni testimoni riferiscono invece che lo stesso avrebbe mirato al giovane.
Prosegue intanto la conta dei danni, arrivati almeno a 50 milioni di euro, in seguito a negozi, banche e auto date alle fiamme o distrutte in numerose città di tutta la Grecia. Perché mai un sano diritto di protesta ed indignazione si debba trasformare in pura violenza rimarrà un mistero, ma forse nella folla si trova sempre qualcuno il cui unico scopo è andare in piazza per spaccare qualche vetrina.
Ad Atene gli scronti si sono verificati in numerosi luoghi, davanti al Parlamento, al palazzo di Giustizia, presso l’università e addirittura nella zona del cimitero durante e dopo la sepoltura del giovane Alexis mentre le proteste si sono spostate anche al di fuori della Grecia, davanti ai consolati o alle ambasciate che il paese ellenico possiede in tutta Europa.
La situazione, che ricorda molto quella verificatasi l’anno scorso nelle banlieue francesi, sembra comunque il sintomo di una società in preda al caos e alla confusione, dove la crisi economica si accompagna a quella sociale e culturale. Ed in questo non si possono negare responsabilità e colpe al governo e alla dirigenza greca, colpevoli di non aver preso in tempo misure adeguate per aiutare le famiglie e l’economia in difficoltà. Dall’altra parte i giovani hanno diritto di protestare, anche per un futuro migliore, ma probabilmente devono ancora capire che la sua costruzione (così come la manifestazione di un diritto) non può e non deve passare attraverso la violenza. E a questo punto ci si chiede chi sarà il prossimo a vivere sulla sua pelle questa triste realtà.
Il Gorgonauta.