Mentre tutto il mondo era alle prese con regali e panettoni a Mosca il 23 dicembre nasceva il Gecf (Gas Exporting Countries Forum) che avrà sede in in Qatar, a Doha.
I Paesi esportatori di gas hanno, infatti, compiuto un importante passo per la creazione di un cartello del settore, sul genere di quanto l’Opec rappresenta per il mercato petrolifero mondiale.
Il Gecf raggrupperà 16 produttori tra cui Algeria, Qatar, Venezuela, Indonesia, Nigeria, Iran oltre ovviamente alla Russia. L’obiettivo, precisano i membri Gecf, è quello di monitorare il mercato del gas e le riserve congiunte; per chi teme (giustamente) che ciò porterà alla fine della concorrenza il ministro dell’Energia russo Sergei Shmatko ha dichiarato: «Al contrario, ci si adopera al meglio al fine di tener conto delle esigenze e delle preoccupazioni di tutti i partecipanti al mercato energetico».
Tuttavia il premier russo Vladimir Putin, nel suo intervento al Forum ha detto che «l’era del gas a buon mercato» sta per finire.
Putin ha anche sottolineato come l’industria del gas sara’ probabilmente colpita dalla crisi piu’ di quella petrolifera. “Tra agosto e novembre i prezzi del petrolio si sono ridotti di quattro volte- ha aggiunto - di sicuro questo ha gia’ avuto un effetto sul mercato del gas i cui prezzi sono indicizzati a quelli del greggio. Possiamo quindi aspettarci che la crisi avra’ un effetto piu’ serio sull’industria del gas che su quella petrolifera e la ripresa sara’ piu’ lunga”.
Ad oggi gran parte delle importazioni di gas dell’Europa giunge attraverso gasdotti da Russia, Norvegia ed Algeria. Un’altra parte di esse arriva attraverso navi cisterna di gas naturale liquido provenienti da Qatar e Nigeria.
Secondo l’Eurostat, l’Unione Europea importa attualmente il 40% del gas, e nel 2030 è probabile che raggiunga il 70%. Ad oggi la Russia soddisfa il 32% del fabbisogno Ue. L’80% delle esportazioni di gas russo è convogliato attraverso la rete di gasdotti ucraini, il resto attraversa un gasdotto che collega la Germania attraverso Bielorussia e Polonia.
Alcuni stati dell’Ue importano una piccola parte, oppure non importano per nulla gas dalla Russia. Questi sono Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Portogallo, Spagna, Svezia e Gran Bretagna. La Danimarca rimane autosufficiente mentre Norvegia e Olanda sono esportatrici di gas. Paesi come Grecia, Finlandia, Bulgaria e Lituania importano più del 95% dei propri consumi di gas dalla Russia.
I paesi europei si troveranno quindi stretti nella morsa tra Russia e Algeria, due tra i maggiori fornitori di gas al Vecchio continente. Secondo alcune indiscrezioni che trapelano dal ministero dell’Energia russo, l’algerina Sonatrach potrebbe cedere a Gazprom una quota della sua partecipazione in Galsi, il nuovo gasdotto in via di costruzione tra l’Algeria e l’Italia (con tappa in Sardegna), di cui la società algerina possiede il 36 per cento. Vale a dire che Gazprom potrebbe penetrare nelle reti distributive italiane anche dalla parte meridionale. Come conseguenza l’Italia rischierebbe di dover trattare con un nuovo monopolio: Russia e Algeria forniscono circa il 70% (210 miliardi di metri cubi all’anno) del fabbisogno italiano di gas.
Ricordiamo inoltre che la Gazprom ha firmato da poco un contratto per l’acquisto del 51% della Società Petrolifera Serba, NIS, per una somma di 400 milioni di euro, con l’impegno di reinvestire nella società circa 500 milioni di euro. Considerando il particolare contesto politico in cui tale accordo si inserisce, molti analisti hanno visto nell’accordo tra la Serbia e la Russia una sorta di scambio “Kosovo contro petrolio”, visto che Mosca si dichiara pronta ad appoggiare Belgrado e a prendere gli eventuali provvedimenti come risposta alla dichiarazione unilaterale dello Stato del Kosovo.
L’arroganza della Russia è evidente in questi giorni di guerra energetica in corso con Kiev che ha portato ieri la Naftogaz Ukraini, la compagnia energetica ucraina, ad annunciare il blocco totale del transito di metano verso l’Europa. Alcuni paesi sono già in sofferenza: lamentano tagli significativi, ricorsi alle riserve, o il blocco totale del flusso russo. E tra questi c’è l’Italia, dove oggi il calo di importazione di gas russo è intorno al 90%, come ha confermato l’Eni.
Se fino ad oggi l’equilibrio geopolitico girava intorno al petrolio quello futuro girerà intorno al gas e viste le numerose guerre che l’oro nero ha provocato la speranza è che ciò non accada anche col metano, ma i presupposti sono tutt’altro che rassicuranti.