Dopo numerosi giorni di bombardamenti le truppe dello stato ebraico sono penetrate in forze nella striscia di Gaza, con truppe di terra, mezzi corazzati e blindati, mentre dal cielo e dal mare continuano a piovere bombe. Non si fermano tuttavia neanche i lanci di razzi di tipo_ Qassam_ e Grad sulle città israeliane (nella giornata di ieri, lunedì, circa una quarantina) e proprio oggi uno di questi ordigni ha colpito l’abitato di Gereda a 30 km da Tel Aviv e a 45 dalla striscia. Una distanza fino ad ora mai raggiunta.
E mentre le vittime del conflitto aumentano (almeno 635 i morti palestinesi , 6 i soldati caduti nei combattimenti, 4 dei quali per fuoco amico), la situazione nella striscia appare drammatica: è in atto una vera e propria crisi umanitaria dato che la stragrande maggioranza della popolazione vive grazie agli aiuti internazionali e questi ora arrivano col contagocce attraverso i valichi di confine israeliani ed egiziani. Oramai comincia a scarseggiare di tutto : medicinali, carburanti e cibo e si teme per gli oltre 2900 feriti, neanche più al sicuro negli ospedali finiti anche essi sotto le bombe.
Purtroppo a Gaza e dintorni la verità e che nessun luogo è ormai sicuro e la popolazione è quasi isolata dal resto del mondo, in virtù del blocco israeliano che, tra l’altro, impedisce l’accesso ai giornalisti per, immagino, “ motivi di incolumità personale” (e aggiungo per non avere rompi scocciatori tra i piedi). E oggi un piccola strage (tra le tante) in una scuola Onu con all’interno rifugiati (almeno 30 i morti) con i militari dello Stato ebraico affrettatesi a dichiarare che da quell’edificio proveniva fuoco ostile.
Con il proseguire del conflitto quindi aumentano le vittime civili, tra cui donne e bambini senza riparo ed esposte al fuoco di entrambi le parti (e magari utilizzati pure come scudo umano), colpevoli solo di essere nati e di vivere nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Con Israele che non va troppo per il sottile (è stato accusato anche di aver reagito in maniera sproporzionata alla rottura della tregua e al lancio dei razzi) e i miliziani pronti a combattere casa per casa e fino allo stremo. Lo Stato Israeliano sembra d’altronde intenzionato a chiudere i conti una volta per tutte con (o a dare una seria e severa lezione all’) l’organizzazione estremista islamica, e questa spiega l’intenzione di entrare in profondità nel territorio e nelle città, dove tuttavia si nascondono i maggiori pericoli per l’esercito ebraico a a causa di possibile trappole, imboscate e nascondigli da cui aprire il fuoco per gli uomini di Hamas.
Dato la tragedia in atto si moltiplicano quindi gli sforzi della diplomazia intenzionale per porre fine al conflitto e gli appelli dei leader di tutto il mondo. Finalmente dopo un lungo silenzio anche Obama si è detto “preoccupatissimo” per le vittime civili a Gaza e in Israele mentre Al Qaeda è tornata parlare (non ne sentivamo il bisogno) esortando i musulmani ad attaccare gli interessi israeliani e dell’occidente. In Medio Oriente è in corso comunque un tentativo di mediazione e di cessate il fuoco congiunto egiziano-francese ma per essere operativo questo dovrebbe essere accettato da entrambi i contendenti.
Continuare la guerra si presenta tuttavia come un percorso rischioso, sia per Israele, sia per Hamas. Il primo rischierebbe di trovarsi isolato a livello internazionale, sopratutto nel caso decidesse di alzare troppo i livelli dello scontro, e di compattare il fronte degli Stati confinanti nemici, il secondo potrebbe uscire da questo conflitto distrutto e annientato. Insomma la pace conviene a tutti e in ogni caso è auspicabile più che mai (in particolar modo per evitare inutili vittime civili innocenti) con la speranza che essa sia duratura e stabile, non di facciata, magari per rifornire le armi in attesa della prossima strage.
Il Gorgonauta.