Sette anime.
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Sette anime.

Ben Thomas (Will Smith) in passato ha commesso un terribile sbaglio ed ora deve cercare sette persone a cui cambiare la vita. Il piano è perfetto e la determinazione a portarlo a termine è assoluta, nonchè intoccabile. Prima però dovrà verificare che i destinatari dei suoi “doni” ne siano meritevoli, degni. Tra questi Emily Posa (Rosario Dawson), malata di cuore e che necessita di un trapianto urgente per poter sopravvivere. Ben però intreccia con quest’ultima un profondo rapporto, in grado, forse, di mettere a repentaglio il suo progetto di redenzione.

La coppia Muccino-Smith, dopo il fortunatissimo “La ricerca della felicità”, torna sul grande schermo con  una seconda pellicola incentrata sul donare se stessi agli altri, sul senso di colpa e sulla redenzione personale. Ben è oppresso ed atterrito da quanto ha commesso in passato ed ora cerca di restituire a 7 sette persone cosa ha tolto ad altre sette. La felicità non è più riuscire nella vita (come nel film precedente) ma porre rimedio al peccato commesso.

Poi all’improvviso quando la propria vita non ha più alcun senso ecco la luce, la ritrovata gioia di vivere in un incontro e in un amore sincero. Ma che fare: pensare alla propria esistenza ritrovata o a quella altrui? Il film quindi parte e si conclude con questo contatto tra due anime in pena : Ben e Emily, il primo in lotta con se stesso, la seconda in cerca di una seconda possibilità, di una vita piena e degna di essere vissuta.

Sette anime(titolo originale Seven Pounds, chiaro riferimento al dramma di William Shakespeare Il mercante di Venezia dove i creditori chiedono un pound of flesh, una libbra di carne umana, per il credito da saldare) è forse (unica pecca) un pò troppo lungo e si dilunga oltre ma il dovuto ma tutto è spiegabile nell’intensa ricerca dei “meritevoli” da parte del protagonista, nel rendere più chiaro e possibile ai telespettatori il suo dramma interiore. Fino al drammatico finale, chiave di volta e senso di tutta la pellicola, che lascia l’amaro in bocca e tanta incredulità e sconforto.

Eccellente come al solito Will Smith (ormai gli aggettivi si sprecano), con al fianco la bella e brava Rosario Dawson (nonostante i tentativi di renderla più brutta e malata rimane sempre una donna affascinante). Regia Gabriele Muccino, definibile magari come l’investigatore dell’animo umano dato l’interesse e l’attenzione prestata all’interiorità umana nei sui film americani.

Il Gorgonauta.