Trentuno anni fa veniva ucciso a Cinisi il militante antimafia Peppino Impastato, ammazzato dalla mafia il 9 maggio del 1978 dopo aver denunciato e sbeffeggiato dai microfoni della sua Radio Aut il capomafia Gaetano Badalamenti.
Vita
Giuseppe Impastato nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948 in una famiglia bene inserita negli ambienti mafiosi locali.
Ancora ragazzo rompe con il padre, che lo caccia di casa, ed avvia un’attività politico-culturale antimafiosa.
Assieme ad altri giovani fonda un giornale, “L’Idea socialista” che, dopo alcuni numeri, sarà sequestrato e aderisce al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria).
Nel 1975 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1976 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, dove denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti.
Nel 1978 partecipa con una lista denominata Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi ma verrà assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni, con una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi voteranno comunque il suo nome, riuscendo ad eleggerlo, simbolicamente, al Consiglio comunale.
Alla vita di Peppino è dedicato il film I cento passi di Marco Tullio Giordana, con Luigi Lo Cascio nel ruolo di Impastato. Il film è una ricostruzione abbastanza libera dell’attività di Peppino, e i “cento passi” che separavano casa sua da quella del boss Tano Badalamenti sono in realtà solo una metafora usata dal regista.
Le indagini
Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull’ipotesi di un attentato terroristico organizzato dallo stesso Impastato, o di un suicidio “eclatante”.
L’uccisione o, come si fece credere, l’incidente non destò il clamore dovuto, anche per il fatto che lo stesso giorno veniva ritrovato, in via Caetani a Roma, il corpo del presidente della DC Aldo Moro.
Solo nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo emette una sentenza in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.
Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”.
Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi.
Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta.
Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo.
Oggi pomeriggio Peppino verrà ricordato, alle 17.00, con un corteo che seguirà simbolicamente la strada che Peppino percorse la sera dell’8 maggio, dalla sede di Radio Aut, a Terrasini, a Casa Memoria Impastato
In un epoca di falsi miti e mancanza di valori ricordare una figura come quella di Peppino Impastato può ricordarci che la realtà in cui viviamo dipende solo da noi e solo noi, ribellandoci e contrastando i sopprusi, possiamo contribuire a migliorarla.