Dopo il caos dei giorni scorsi sulle liste elettorali in Lombardia e Lazio il Governoè intervenuto con un decreto interpretativo per riammettere le liste contestate e non rinviare le elezioni regionali. Per approvare il testo occorreva la firma del presidente della Repubblica e Napolitano ha dovuto scegliere tra salvaguardare il diritto al voto dei cittadini e il rispetto delle regole e delle procedure.
Il presidente della Repubblica, vista l’impossibilità di immaginare un’elezione senza il principale partito politico italiano (il Pdl) e la mancanza di vizi di incostituzionalità nel testo presentatogli, ha firmato il decreto, scatenando i malumori di Di Pietro di molti cittadini, in particolare del cosiddetto Popolo Viola. E così mentre manifestazioni di protesta sono divampate nelle piazze di tutta Italia sabato 13 marzo a Roma le opposizioni (tranne l’Udc) scenderanno in strada per manifestare il proprio dissenso al decreto.
La soluzione del governo, se permette in Lombardia e Lazio di votare Formigoni(che tra l’altro ha visto riammettere la propria lista dal Tar ed è quindi tornato in corsa per le elezioni regionali) e il Pdl, solleva numerosi dubbi.
In primo luogo la materia elettorale è una materia di competenza delle regioni e il governo è intervenuto con un testo normativo che di regola spetterebbe emanare ai Consigli regionali (scaduti in vista delle elezioni) trattandosi di una materia (le leggi sulle procedure elettorali) di loro competenza.
In secondo luogo il decreto introduce un pericoloso precedente pronto ad essere sfruttato in futuro a discrezione del Governo per condonare qualsiasi altra irregolarità procedurale. Il decreto, emanato senso il consenso delle opposizioni (almeno auspicabile vista la delicata situazione) non solo interpreta ma anche (e sopratutto) innova.
In terzo luogo cambiare le regole a partita già iniziata segna il predominio dell’arbitrio sul diritto e della sostanza sulla forma. Il Governo per salvare il proprio partito interviene modificando le regole del gioco. Finito lo Stato di diritto incomincia il regno dell’assolutismo del capo, che fa e modifica le regole a proprio piacimento.
Se la forma non conta più nulla, se i termini, gli orari e le procedure possono essere violati senza alcuna conseguenza, con quale autorità d’ora in avanti si potrà chiedere ai cittadini di pagare le tasse o rispettare i loro doveri civici, dato che loro stessi potranno chiedere il diritto di modificare le regole a proprio vantaggio.
Finita la società civile entrerà in scena il puro individualismo, il predominio dell’eversione sulla legalità.
Ecco il vero attentato alla democrazia e allo Stato di diritto.