Alice nel paese delle meraviglie
Belle le storie della nostra infanzia, chi non ha mai sentito parlare della strega cattiva di Hansel e Gretel? E del lupo cattivo di Cappuccetto Rosso? Per non parlare poi di quella megera della matrigna di Biancaneve!
Tra le tante fiabe per “piccoli” devo ammettere che ce n’è sempre stata una che mi ha colpito più delle altre per il proprio fascino onirico, creato soprattutto da una storia così non-sense e pazza: Alice nel paese delle meraviglie.
Sarà per la grande attenzione posta dall’autore – Lewis Carroll – nella creazione di personalità e contesti tipici della cultura anglofona così estremizzati e ridicoli, saranno i continui giochi di parole, tanto bambineschi quanto satirici, oppure la semplice dimensione del “dormiveglia” in cui Alice si trova ad affascinarmi così tanto, ma considerando il numero di opere teatrali, cinematografiche, musicali e videoludiche facenti capo alla boccoluta giovincella, non si può certo dire che sia l’unico.
Tramite 2 opere – “Alice nel paese delle meraviglie” ed “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” – Carroll creò un classico della letteratura approdato su qualsiasi media, che tutt’oggi trova riferimenti più o meno diretti in opere come – tanto per snocciolare un paio di nomi – Matrix –“ follow the white rabbit” – o nel coniglione mannaro di Donnie Darko (ma si potrebbe andare avanti per altri 3 articoli).
Tra queste vorrei citare soprattutto l’ottimo American McGee’s Alice, videogioco d’azione pubblicato nel 2000 in cui troviamo un’Alice dark e sanguinolenta, matta come un cavallo (o come un cappellaio, se vogliamo rimanere in tema), alle prese con un Paese delle Meraviglie corrotto, dominato da atmosfere gotiche ed opprimenti, con una dispotica Regina Rossa causa della alterazione degli abitanti del mondo sotterraneo, diventati degli assassini assetati di sangue.
Quando 365 e passa giorni fa seppi che il caro Tim stava lavorando a questo film pensai subito ad una trasposizione sulla falsariga di quell’American McGee’s Alice citato innanzi. Già vedevo le atmosfere profonde e goticheggianti del più classico dei Burton a far da sfondo alle peripezie di un’Alice romantica e malinconica come non mai.
Tim Burton’s Alice in Wonderland 3D
Ma torniamo sul tema di questo articolo: l’ultima fatica di quel pazzerellone di Tim Burton e del suo compagno di merende Johnny – Capitan Sparrow – Depp, con l’aggiunta di quella grande invenzione cinematografica – a mio avviso ancora un po’ acerba – del 3D.
La trama messa insieme dal creatore di Edward Mani di Forbice e Jack Skeletron è una fusione riveduta e (s)corretta dei due libri vergati da Carroll: troviamo un Alice diciannovenne, orfana di padre e convinta di aver sognato ogni singolo momento trascorso nel Paese delle Meraviglie.
Costretta nel ruolo della “giovane moglie” della borghesia vittoriana, deve accettare il fidanzamento con un flaccido e molliccio lord, sapendo che non potrà decidere nulla della propria vita, così come è successo per tutte le persone che la circondano.
Davanti a questa imposizione Alice scappa e – casualmente – ritrova quel buco che tanti anni prima l’ha condotta nel Paese di Sottomondo – che in lingua originale si chiama Underland e suona tanto come Wonderland.
Qui rivive la stessa tragicomica discesa nel paese più matto che esista, strozzato nella morsa totalitarista della malvagia Regina Rossa. Sarà compito di Alice – così come profetizzato dall’Oraculum – liberare il Paese dal giogo della cattiva Regina di Cuori, uccidendo il mostruoso Ciciarampa e ritrovando al contempo la strada di casa.
Attraverso il 3D e quel che Save vi trovò
Il film è certamente scorrevole e leggero, benché duri quasi due ore, difficilmente mi sono annoiato né tantomeno ho osservato i miei vicini di poltrona sbadigliare fragorosamente. Bella la fotografia – da sempre firma di qualità del regista – impreziosita da un 3D ben utilizzato, benché mostri il fianco nelle scene più concitate.
Un film adatto a grandi e piccini, che però – a mio avviso – perde quella patina di “non-sense” che invece contraddistingueva la produzione di Carroll ma soprattutto il film di animazione Disney.
L’Alice di Burton, pur rimanendo in quel regno irreale popolato da fumosi brucaliffi sentenzianti criptici verdetti, fluttuanti gatti senza testa e folli cappellai sorseggiatori di tè, risulta comunque troppo “ragionatrice”, guidata dalla ferma convinzione di “salvare il paese delle meraviglie” piuttosto che (ri)vivere l’avventura della propria infanzia.
Oltre a ciò rimane comunque un film di Burton, che come sempre si avvale del dinamico duo Depp/Bonham-Carter – già collaudato nel recente Sweeney Todd. Fiabesco, Surreale, Comico e con quella punta di “buon senso” che lo farà amare piccoli e grandi.
E voi cosa aspettate ad immergervi nel tridimensionale mondo fiabesco di Sottomondo, è già l’ora del tè!