Non ci è scappato il morto e allora può essere solo un banale incidente. Ma quanto successo domenica sera a circa 30 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali, solleva più di un interrogativo.
Domenica sera il peschereccio Ariete, battente bandiera italiana, si trova a circa 30 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali. A detta del suo comandante il natante è in navigazione e non è impegnato in una battuta di pesca.
Intorno alle 22 una motovedetta libica tenta di abbordare il peschereccio intimandogli di fermare i motori. Il peschereccio invece non si ferma, proseguendo la navigazione e spingendo al massimo i motori. I libici allora si mettono all’inseguimento della nave italiana, sparandogli addosso a intervalli regolari.
L’inseguimento termina nei pressi di Lampedusa, regalando al peschereccio almeno 30 fori di proiettili lungo un’intera fiancata, molti dei quali sparati, secondo il comandante del natante italiano, ad altezza d’uomo.
Mentre la Libia si scusa e il Ministro degli Esteri italiano parla di colpi sparati in aria, il Ministro degli Interni Maroni apre un’inchiesta e parla di un incidente dovuto ad un errore di valutazione dei militari libici. Quest’ultimi infatti avrebbero scambiato il peschereccio per una nave piena di clandestini.
Entrambi queste valutazioni vengono però respinte dal comandante del peschereccio secondo il quale i libici sapevano benissimo di trovarsi di fronte ad un peschereccio italiano. A bordo della motovedetta infatti si trovavano anche 6 militari italiani della Guardia di Finanza, presenti sul mezzo come osservatori in virtù del Trattato di amicizia siglato tra i 2 paesi 2 anni fa.
Perché allora i libici hanno aperto il fuoco? e perchè i militari italiani non glielo hanno impedito?
E perchè un peschereccio che si trova in acque internazionali viene abbordato da una motovedetta libica virtualmente impegnata a contrastare l’immigrazione clandestina?
Senza dimenticare di chiedersi come colpi sparati in aria possano raggiungere la fiancata di una nave (probabilmente i militari libici avranno una pessima mira) e perchè sparare, anche ad altezza d’uomo, possa invece essere giustificato qualora ci si trovi di fronte ad una barca piena di clandestini.
La ragione di un simile comportamento sta forse nella presenza del peschereccio in acque che il governo libico considera di sua proprietà, acque che il diritto internazionale considera invece internazionali. La Libia infatti con un atto unilaterale ha allargato il limite delle proprie acque territoriali fino a 72 miglia marine, contro le 12 previste dal diritto internazionale. E così quando un peschereccio italiano si spinge in quelle acque forse è meglio fargli capire di non rimanerci troppo (o affatto).
Resta un ultimo particolare. La motovedetta che ha sparato al peschereccio italiano, rischiando di uccidere i membri del suo equipaggio, è una di quelle 6 donate dal Governo Italiano alla Libia per contrastare l’immigrazione clandestina (e si tratta di navi i cui costi di manutenzione sono a nostro carico).
Prima insomma servivano a braccare gli immigrati, ora invece, caso mai tornasse utile, anche a sparare addosso ai nostri pescherecci.