Genova **, stadio comunale Luigi Ferraris. E’ il 12 ottobre 2010 e intorno alle 20.45 le nazionali di Italia e Serbia si apprestano a incominciare il match valevole per la qualificazione ad Euro2012**. Ma alcuni “tifosi” serbi si pongono al di sopra delle barriere che separano campo e tribune/curve, accendono fumogeni e lanciano oggetti verso il campo e contro i tifosi italiani.
L’inizio della partita viene rimandato, con tanto di intervento della polizia sul campo di gioco. La situazione sembra un attimo migliorare e la partita ha inizio. Dopo sei minuti di gioco la partita viene sospesa, dato che i tifosi serbi continuano a lanciare in campo fumogeni, uno dei quali sfiora anche il portiere della nostra nazionale. Per l’arbitro scozzese Thomson non ci sono le condizioni per poter giocare in sicurezza. Il match, a Genova, finisce qui.
Le violenze continuano anche al di fuori dello stadio dove si segnalano scontri tra gruppi di tifosi serbi e polizia, con tanto di lancio di fumogeni e oggetti. Gli scontri riprendono poi anche all’interno dello stadio e si concludono con un bilancio di 16 feriti.
Dopo una notte di follia si attendono ora le sanzioni dell’Uefa: per la Serbia sconfitta a tavolino 0-3 e probabili 3 turni di squalifica al campo, da scontare all’estero e a porte chiuse. Difficile invece l’esclusione da Euro2012. Per l’Italia che non è stato in grado di controllare neanche i 500 ultras annunciati da Belgrado forse un’ammenda o un turno a porte chiuse.Il da farsi verrà discusso il 28 ottobre nel quartier generale dell’Uefa.
Rimangono poi molti interrogativi: come hanno fatto gli ultrà serbi ad entrare allo stadio con fumogeni, petardi e bombe carte? E i controlli e filtraggi all’ingresso dello stadio?
Ma quale il motivo di tanta contestazione? Il primo può essere la recente separazione del Montenegro dalla Serbia, separazione mal digerita dagli ultra-nazionalisti serbi. Il secondo può essere la richiesta, che la Serbia presenterà il prossimo 25 ottobre, di entrare nell’Unione Europea.
L’ingresso in Europa impone però alcuni compromessi politici : le scuse per il massacro di Srebrenica del 1995; l’abbandono delle pretese, da parte del governo di Belgrado, sul Kosovo; la consegna di Ratko Mladic, l’ex capo dell’armata serba, ancora oggi latitante, al Tribunale dell’Aja.
Agli ultra-nazionalisti serbi, sostenitori della Grande Serbia, l’Europa non piace e ancora meno piacciono questi compromessi. Hanno scelto quindi la partita per esprimere, in diretta televisiva, un chiaro messaggio politico : noi nell’Europa non vogliamo entrare.
Peccato che al Luigi Ferraris molta gente c’era andata all’opposto per vedere una partita di calcio. Ed ora chissà quanta voglia avrà di rimettere piede in uno stadio.