687 chilometri. Da Massafra, in provincia di Taranto, a Minerbio, in provincia di Bologna. Il tutto per portare il gas che arriva dalla Libia e dall’Algeria in Nord Italia. Tramite il gasdotto “Rete Adriatica”.
In sostanza un tubo con un diametro di 1,2 metri da inserire in una trincea 5 metri sotto terra, con una servitù per lato di 20 metri. In totale una fetta di territorio di 40 metri. Che attraverserà, come vedremo, l’Appennino, una delle ultime zona intatte d’Italia.
Il progetto è della Snam Rete Gas, con la partecipazione della British Gas. Inizialmente il progetto iniziale prevedeva il raddoppio sulla costa del gasdotto già esistente, così come avvenuto sul versante tirrenico, poi la Snam ha annunciato di avere riscontrato “insuperabili criticità” su quel percorso e ha deciso di deviare il grande tubo sull’Appennino.
Attraversando così boschi e parchi nazionali, interrompendo fiumi e torrenti e scavando gallerie. Senza dimenticare le strade e gli spazi necessari per uomini, scavatrici e ruspe. Rischiando di deturpare paesaggi e ambienti incontaminati.
I parchi nazionali della Maiella, dei Monti Sibillini e del Gran Sasso. Oltre al parco regionale del Velino - Silente e altri 21 fra siti d’interesse comunitario e zone a protezione speciale. Queste le tante zone protette toccate dal gasdotto.
Ma i dubbi e le perplessità non finiscono qui.
Il Gasdotto infatti segue la faglia che ha dato origine del terremoto dell’Aquila del 2009 e giunto in Umbria segue a sua volta la faglia che ha dato origine al terremoto del 1997. La richiesta di autorizzazione giunge nel capoluogo abruzzese l’8 aprile 2009, 2 giorni dopo l’evento sismico. Il silenzio equivale all’assenso. Ma il Comune, che in quei giorni non ha neppure una sede, nel frattempo ha ben altre cose a cui pensare.
Altri dubbbi, altre perplessità.
Nel ricorso presentato da Province, Comuni, Comitati e Associazioni ambientaliste alla Commissione Europea si parla di dichiarazioni di pubblica utilità scadute (queste devono essere rilasciate dagli enti locali interessati dall’opera). Nonché di procedimenti parziali di Valutazione di Impatto Ambientale - V.I.A. effettuati solo su alcune tratte dei 5 lotti in cui è stato suddiviso il gasdotto e della mancanza di una procedura di Valutazione ambientale strategica - V.A.S.
Dubbi e perplessità che hanno già scatenato le proteste di mezza Italia. Perchè un tubo che sventra l’Appennino, i suoi boschi e le sue montagne, attraversando aree protette e a gravissimo rischio sismico a qualche “povero stronzo” forse da, logicamente, un pò fastidio.