Un lento ritorno alla normalità. Questa la situazione in Tunisia, dopo i disordini e gli scontri dei giorni scorsi. Che in parte continuano però ancora oggi. Viene segnalata infatti una prigione in fiamme nella città di Monastir, con decine di detenuti morti, feriti o in fuga.
Nel paese nordafricano intanto è stato riaperto lo spazio aereo e tutti gli aeroporti, chiusi dai militari venerdì pomeriggio dopo la fuga all’estero del presidente Zine Al Abidin Ben Ali. Quest’ultimo è fuggito a Gedda, in Arabia Saudita.
La carica di Presidente della Repubblica, rimasta vacante dopo la fuga di Zine Al Abidin Ben Ali, è stata assunta dal presidente del Parlamento Tunisino Fouad el-Mabzaa dopo che ieri la stessa era stata affidata _ad interim _al primo ministro Mohammed Ghannouchi. Nuove elezioni presidenziali si dovranno tenere nei prossimi 60 giorni mentre, sciolto il vecchio governo, la direzione è quella di un Governo di unità nazionale, al quale possano partecipare anche i partiti prima all’opposizione.
Le proteste e le manifestazioni sono cominciate lo scorso dicembre quando la popolazione tunisina è scesa in piazza per protestare contro il carovita. A innescare la protesta il suicidio di un ambulante laureato a Sidi Bou Sid. Quest’ultimo si era dato fuoco dopo che la polizia aveva sequestrato le merci che cercava di vendere senza autorizzazione.
Nessuna delle misure intraprese da Zine Al Abidin Ben Ali era riuscita a placare la popolazione. Neanche la riduzione dei prezzi dei generi di prima necessità.
Salito al potere nel 1987 l’ex presidente tunisino era riuscito a creare nel paese nordafricano una dittatura nascosta da un’apparente facciata di democrazia e stabilità. Nel 2002 una riforma costituzionale aboliva di fatto ogni limite alla sua rielezione, nel 2004 un’altra modifica alla Costituzione gli permetteva di essere rieletto per altri 2 mandati.
Esempio di questo modello la libertà di stampa, formalmente sancita dalla Costituzione Tunisina ma il cui esercizio di fatto veniva impedito dal rigido controllo del potere sui media.
Un sistema che negli anni ha fatto crescere la rabbia e lo scontento della popolazione. Fino ad oggi. Questa volta però senza possibilità di appello.