Forse non tutti lo sanno ma lo scorso 11 gennaio in Sardegna, più precisamente presso lo stabilimento di E.On di Porto Torres, in provincia di Sassari, si è verificato un grave incidente che ha portato allo sversamento in mare di 15.000 litri di olio combustibile.
Notizia passata in secondo piano vuoi per il caso Ruby che occupa ormai da molti giorni le prime pagine dei giornali, vuoi per non atterrire ancor di più l’umore già abbastanza basso degli italiani.
L’incidente è avvenuto vicinissimo ad alcune fra le più belle spiagge dell’isola, da Platamona a Stintino e proprio di fronte all’area marina protetta del Parco Nazionale dell’Asinara. Le chiazze d’olio, galleggiando verso est, hanno ormai raggiunto anche le coste della Gallura, da Santa Reparata alla penisola di Capo Testa e ora mettono a rischio anche il paradiso di Spargi e tutto l’arcipelago protetto della Maddalena.
Sebbene le autorità autorità marittime locali abbiano già dichiarato l’emergenza ambientale conclusa il Capo del Compartimento Marittimo di La Maddalena ha proclamato lo scorso venerdì lo stato di emergenza. Proclamazione che getta una lunga ombra sulle reali entità e conseguenze dell’incidente.
La maggior parte delle chiazze d’olio si è già spiaggiata (6 tonnellate di materiale inquinante sono già state recuperate dai tecnici e dai volontari) ma preoccupa la quantità di olio che potrà invece rimanere nei fondali o in mare. Considerando tra l’altro la delicatezza di quegli ecosistemi e l’economia di quella zone, basata in larga parte proprio sul turismo.
Chiedendosi come degli insediamenti industriali possano trovarsi così vicini o comunque nei pressi di aree marine protette, l’incidente è avvenuto a causa della rottura di una tubazione, attraverso la quale una nave petroliera pompava combustibile per i due gruppi della termo-centrale. Rottura che poi ha provocato la fuoriuscita in mare del materiale inquinante.