Libia, è guerra civile (1° parte).
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Libia, è guerra civile (1° parte).

Dopo 9 giorni di rivolta e di scontri non si ferma l’ondata di protesta, violenza e sangue in Libia. Nel paese nordafricano dove parte della popolazione è scesa in strada per rovesciare Gheddafi e il suo regime, la situazione appare ancora confusa ed incerta, in ogni caso semplicemente drammatica. Gran parte del paese è ormai nel caos, tra zone controllate dai manifestanti e zone invece in mano alle forze governative.

Il numero delle vittime

Mentre la tv Al Arabiya annuncia un bilancio di 10 mila morti e 50 mila feriti, altre testimonianze (provenienti da Ong e medici presenti sul territorio libico) parlano di centinaia e centinaia di caduti. Le due stime, la prima forse fin troppo eccessiva, la seconda forse fin troppo moderata, appaiono però difficili da verificare.

Ha comunque suscitato scalpore un video in cui si riprende la presunta realizzazione di una fossa comune in riva al mare per dare sepoltura alle vittime della rivolta.

Gheddafi e famiglia

Dopo ave prospettato Gheddafi in fuga in Venezuela o in Francia lo stesso ha fatto sapere di essere ancora sul territorio libico, pronti a morire come martire. Gheddafi ha accusato al-Qaeda e Bin Laden di essere dietro la rivolta. Il rais sarebbe ora asserragliato in una caserma della capitale libica, la città di Tripoli.

Annunciata e poi smentita invece la fuga della figlia di Gheddafi verso Malta. Per i media arabi, Aisha Gheddafi si sarebbe imbarcata ieri su un aereo della Libyan Arab Airlines, aereo a cui è stato vietato l’atterraggio all’aeroporto della Valletta, la capitale dell’isola, in quanto il velivolo sarebbe comparso nello spazio aereo maltese in modo del tutto inaspettato. Sul velivolo, un ATR 42, 14 persone.

I bombardamenti e le diserzioni

Nei giorni scorsi si è parlato di bombardamenti della popolazione da parte dell’esercito rimasto fedele a Gheddafi. Il 21 febbraio 2 jet militari libici sono atterrati a Malta e i loro piloti hanno dichiarato di essere fuggiti dal paese dopo essersi rifiutati di bombardare gli insorti a Bengasi, una città sulla costa mediterranea. Altri 2 piloti sisarebbero rifugiati in una zona controllata dai  manifestanti mentre unità della marina militare libica si sarebbero dirette verso Malta o si sarebbero ammutinate rifiutandosi di cannoneggiare la popolazione.

Parte dell’esercito quindi è rimasta fedela al rais libico mentre un’altra ha solidarizzato con i manifestanti, abbandonando caserme e basi militari e rifiutandosi di bombardare i propri stessi connazionali. Gheddafi inoltre si servirebbe di mercenari provenienti da altri paesi africani per terrorizzare la popolazione e arginare la rivolta.

Il caos

Il paese è in preda al caos più completo. Molte città sono ritenute in mani ai manifestanti (come Tobruk e Bengasi) mentre in altre si registrano scontri, come a Tripoli, Misurata, Zawi e Ghariyan. L’aeroporto di Tripoli sarebbe ormai fuori controllo con tanto di vere e proprie lotte della disperazione tra i corridoi del terminale libico per salire sui voli di evacuazione adottati dalla comunità internazionale per il rientro dei propri connazionali dal paese africano (l’Alitalia nel frattempo ha sospeso i voli di linea con Tripoli).

Anche i principali terminal petroliferi ad est di Tripoli sarebbero nelle mani dei rivoltosi. Il regime di Gheddafi avrebbe perso il controllo della Cirenaica e di tutte le città delle costa eccetto la capitale. Le prime rivolte si segnalano anche nel sud del paese. I rivoltosi ora punterebbero alla capitale per farla finita una volta per tutte con il Rais e il suo regime.

I massacri

Secondo l’emittente Al Arabiya, che cita un ex agente della polizia locale che ha disertato per unirsi alla rivolta, un vero e proprio massacro si sarebbe verificato a Al-Zawia, una cittadina ad appena 50 chilometri a ovest di Tripoli, nella Libia nordoccidentale. Qui le milizie fedeli a Gheddafi avrebbero sparato per ore contro gli insorti. Il bilancio delle vittime sarebbe ancora tutto da verificare.

Anche nella capitale del paese si registrano violenze:  secondo diverse testimonianze vere e proprie squadre della morte picchiano gli uomini, entrano nelle case e violentano le donne mentre secondo l’agenzia Misna esponenti dei comitati rivoluzionari al soldo di Muammar Gheddafi hanno fatto irruzione negli ospedali per uccidere  i manifestanti rimasti feriti negli scontri e ricoverati negli istituti ospedalieri. Gli stessi hanno poi portato via i cadaveri e i minacciato i medici presenti.