«Vi è un rischio evidente che una par__te sostanziale del finanziamento globale Ue di 672 milioni di euro andrà persa». Queste le parole del vicepresidente Ue Siim Kallas con la delega ai trasporti.
Mai tanta durezza era stata usata da Bruxelles in dieci anni di tira e molla sulla questione Tav Torino-Lione.
Kallas ricordava che «i progressi che saranno effettuati in questo senso saranno cruciali per la possibilità di inserire la Torino-Lione nella futura proposta della commissione del “core network”». In altri termini, l’opera rischia non solo di perdere i finanziamenti già concessi, ma anche di essere cancellata definitivamente da tutti i programmi infrastrutturali di Bruxelles.
Nessuna replica da parte di Matteoli, Ministro delle Infrastrutture, mentre Maroni ha ribadito che «il governo ha deciso che l’alta velocità si farà e vi assicuro che il cantiere entro il 30 giugno sarà aperto».
La dichiarazione di Maroni rafforza ora questa posizione ufficiale del Governo italiano soprattutto perché non è escluso che l’uso della forza pubblica si renda necessario di fronte all’opposizione sul territorio dei no-Tav.
Intanto i No Tav non parlano quasi più di aspetti tecnici, ma solo di scontro con le istituzioni. Così evitano di insistere sul fatto che, senza la tratta Milano-Venezia, il corridoio 5 di fatto non esisterebbe più. E che l’alta capacità ferroviaria non ha molto senso solo sulla tratta Lione-Torino, se poi in Italia neppure un treno merci viaggia sulle linee dell’alta velocità.
I posti di blocco, con sassi, tubi saldati, alberi tagliati, sono stati collocati dai No Tav in un’area più aperta, che agevola scontri di massa.