Prima di scrivere la recensione di un seguito mi fa sempre piacere rileggere cosa scrissi sul prequel, magari per vedere se i registi hanno appreso la lezione del capostipite e ne hanno fatto tesoro o semplicemente per capire quanto mi era piaciuto il primo capitolo rispetto ai seguenti.
Un Doppio Pandamonio
Facendola breve, nella recensione del primo capitolo ho trovato tutti gli elementi che fanno parte dell’ultima fatica della DreamWorks e che hanno reso famoso il panda Po ed il suo Kung Fu, ma andiamo con ordine.
In Kung Fu Panda II ritroviamo la maggior parte dei personaggi conosciuti – ed amati – del primo film: c’è il padre di Po, il maestro Shifu, i 5 Cicloni e – c’è bisogno di dirlo? – il Guerriero Dragone: l’impavido Po.
In questo nuovo capitolo della saga del panda karateka verranno spiegate le origini del protagonista – finalmente si capirà come un’oca possa essere il padre di un panda – mentre lo si vedrà impegnato nel sventare il malvagio piano del pavone Lord Shen, che con la sua polvere da sparo minaccia l’intera Cina e la vita stessa del Kung Fu.
Skadoosh. Again!
Complimenti, complimenti, complimenti.
Tre volte complimenti alla DreamWorks che, memore dei punti di forza del primo film, ne hanno fatto i pilastri del secondo, creando un concentrato di azione e risate da far invidia alla miglior pellicola Pixar.
In Kung Fu Panda II si ride, dall’inizio alla fine, senza – e qui sta la bravura – pesare sullo sviluppo della trama, che tiene lo spettatore incollato allo schermo fino alla fine– non sorprendetevi si quando finirà direte: “ma è già finito?”.
Ottima la scelta di conservare – e migliorare –lo stile “2D” per raccontare le vicende di “contorno” al film, così come è stato mantenuto saldo il principio “se è sullo schermo, deve fare ridere”.
Come nella precedente pellicola, anche in questa ogni personaggio che viene collocato sullo schermo “deve” far ridere. Che sia un malcapitato abitante del villaggio, un serissimo maestro di Kung Fu o il malvagio nemico del protagonista, si ride – la scommessa, vinta da DreamWorks, è proprio farlo in modo naturale e non forzato.
Il montaggio è serrato come non mai, centellinando con sapienza i momenti “riflessivi” e infarcendo il film di gustose citazioni delle grandi pellicole di Kung Fu – senza contare gli auto-riferimenti al capitolo precedente.
Insomma, il degno seguito di quel Pandamonio che piacque tanto a grandi e piccini nel 2008 e che, c’è da scommettere, non tarderà ad avere un seguito.