Cosa sarebbe successo se E.T. fosse stato un alieno di tre metri con 4 braccia e un dichiarato risentimento verso il genere umano?
Spielberg se l’è chiesto.
J.J. Abrams gli ha risposto.
Super 8
Estate ‘79.
Siamo nel bel mezzo della guerra fredda, i The Knack sono in vetta alle classifiche mondiali con “My Sharona”, la Sony lancia il “Walkman” e il cinema amatoriale sta facendo i primi passi grazie alla diffusione delle pellicole Super 8 della Kodak.
Joe ha 14 anni, 4 mesi prima sua madre è morta in un tragico incidente alle acciaierie dove lavorava ed il padre Jack, vice-sceriffo, non riesce a superare il lutto, trovando come unico sfogo il lavoro.
Per questo Joe, contraddicendo al volere del padre, si butta a capofitto nel progetto cinematografico dell’amico Charlie che, insieme a Martin, Preston e Cary, sta portando avanti la produzione di uno zombie-movie casereccio girato con l’inseparabile Super 8.
Cigliegina sulla torta, la graziosa ed intraprendente Alice, figlia dell’uomo che causò indirettamente la morte della madre di Joe, viene convinta da Charlie ad interpretare il ruolo della moglie del protagonista, dando a Joe un motivo in più per legarsi al progetto.
I ragazzi si ritrovano a notte fonda in una vecchia stazione ferroviaria per girare una scena del film, ma all’arrivo del treno un pick-up lo fa deragliare, causando uno dei peggiori disastri ferroviari della storia.
Il gruppo promette di mantenere il segreto sull’accaduto, ma l’arrivo della U.S. Air Force in città cambierà le carte in tavola.
La Romero Chemicals non ha nulla a che fare con questo genere di cose
Se non lo conoscete ancora lasciate che ve lo presenti: lui è J.J. Abrams, produttore, sceneggiatore, registra, attore e compositore, papà di serie TV come Alias, Lost e Fringe e di pellicole come Cloverfield e Star Trek – il reboot del 2009.
Come dicevo nell’incipit, la risposta di Abrams a Spielberg – produttore della pellicola – è una sapiente amalgama tra lo stile del regista e la tradizione dei teenage adventure movie anni ‘80 – E.T. e i Goonies per citarne due.
Abrams gioca d’azzardo e vince, abbandonando quella patina fantastica – e posticcia – che caratterizza il genere e servendo la realtà che i protagonisti vivono così com’è: cruda, feroce, sanguinolenta e vomitevole.
La lezione – fortunata – di Cloverfield c’è tutta, riprese amatoriali, spezzoni interrotti, un mostro incombente, ma dalla forma e dai contorni indefiniti, visibile solo tramite fugaci e spaventose apparizioni.
Il resto lo fanno una trama dinamica e nemmeno troppo scontata e – soprattutto – l’eccezionale interpretazione del cast di giovani attori tra i quali spiccano il sensibile protagonista Joe – Joel Courtney – e Alice – interpretata da un’inaspettata Elle Fanning, sorella della più famosa Dakota.
Peccato per il finale un po’ frettoloso – che tuttavia non stona e tira tutti i fili dell’ordito narrativo – e per l’eccessivo macchiettismo dei personaggi “adulti” – cattivoni dell’Air Force in primis.
Menzione d’onore per il riuscitissimo film nel film prodotto dai protagonisti – da titolo “The Case” – presente nei titoli di coda.
Thumbs up J.J.