Quando si parla di privilegi del Vaticano non tutti sanno che tra questi c’è anche la fornitura gratutita di acqua al Piccolo Stato della Santa Sede.
La denuncia parte da un deputato del Pdl, che sta raccogliendo in un dossier tutti i “privilegi” della Santa Sede, e li pubblica sotto lo pseudonimo di Nanni Topo sul Giornale di Toscana. Secondo quanto raccolto dallo 007 del Pdl, lo Stato italiano paga 50 milioni di euro per l’acqua del Vaticano, un costo che le casse pubbliche si accollano “per colpa” dei Patti Lateranensi.
Il Concordato prevede che lo Stato italiano provveda “che alla Città del Vaticano sia assicurata un’adeguata dotazione di acque”. Così tocca al Comune di Roma fornire acqua gratis al Vaticano attraverso la sua (oramai ex) municipalizzata Acea.
Dal 1999 ad oggi la Chiesa si rifiuta di pagare appellandosi al diritto internazionale. Per smorzare la polemica, il governo Berlusconi nell’ormai lontano 2004 ha versato ad Acea esattamente la somma richiesta da Acea nel 1999, pari a 25 milioni di euro. Così, mentre i romani hanno pagato e pagano tutt’ora l’acqua del Papa , il resto degli italiani pagano lo smaltimento dei liquami del Vaticano.
E di acqua il Vaticano ne usa anche molta, decisamente troppa: ben 5 milioni di metri cubi l’anno, secondo Acea. Ma facciamo due conti. Il fabbisogno personale è di circa 54 metri cubi l’anno, pari a 150 litri al giorno. In Vaticano vivono 832 abitanti per un fabbisogno totale di acqua pari a 45mila metri cubi. E la restante? La maggior parte viene sprecata.
Alla faccia di quei poveri missionari che in Africa ogni giorno rischiano la vita per aiutare quelle popolazioni che muiono di sete.