Nella giornata il cui Francia e Austria hanno perso la «tripla A», Standard & Poor’s ha rivisto anche il giudizio sull’Italia, che scende da A a BBB+, lo stesso livello di affidabilità di Perù e Colombia, Irlanda, Russia e Kazakhstan. È la prima volta che il debito sovrano italiano perde la A.
Il rating «tripla B» indica per Standard & Poor’s «un’adeguata capacità di rispettare gli impegni finanziari ma una certa suscettibilità alle condizioni economiche avverse e a mutamenti del quadro».
Ad essere sotto la lente di ingrandimento non è solo l’Italia. In generale, la bocciatura è stata di due notch, ovvero di due gradini, per le valutazioni di Italia, Spagna, Portogallo e Cipro; di un solo gradino per Francia, Austria, Malta, Slovacchia e Slovenia.
A salvarsi, e a mantenere la tripla AAA, sono state Germania, Finlandia, Olanda e Lussemburgo. Ma i rating di questi ultimi tre paesi, riporta Bloomberg, sono stati messi sotto osservazione con “negative watch”.
Tralasciando la ormai scarsa attendibilità e fiducia che hanno queste agenzie di Rating, dobbiamo chiederci cosa vuol dire per l’Italia questa “bocciatura”.
Nella scala di S&P il rating BBB+ è ancora Investment Grade, quindi il Bel Paese rimane nella prima fascia. Quindi tutto ok? Non proprio.
La maggior parte dei fondi fa riferimento all’Investment Grade (di solito per almeno 2 agenzie di rating su 3), ma esiste una quota rilevante di questi operatori che hanno regole molto più strette, in particolare è molto rilevante la perdita della singola A. Quindi da lunedì una fetta minoritaria ma comunque significativa di fondi pensione e fondi di investimento sarà “costretta” a liquidare titoli italiani. Con conseguenze su spread e rendimenti.