Per molti osservatori una guerra tra Iran e Israele sembra ormai inevitabile. Resta da capire con quali tempi e chi saranno i giocatori di “risiko”.
Minacce, sanzioni economiche, test missilistici e manovre navali nel Golfo. Il palcoscenico della guerra è sotto gli occhi di tutti. Al centro di tutto il processo nucleare dell’Iran, con ambizioni di non creare tanto energia pacifica quanto bombe distruttive.
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“E’ una questione di mesi, non di due o tre anni”, sostiene Barak, ministro della difesa israeliano. In effetti occorre ancora tempo perché Tehran arricchisca l’uranio al 90%, necessario per fare l’ordigno.
Ma non solo, chi chiede ad Israele di attendere è Washington. La Casa Bianca ha smentito categoricamente le notizie pubblicate in questi giorni dalla stampa israeliana secondo le quali Barack Obama avrebbe offerto a Israele ulteriori armi sofisticate anti-Iran per convincere il premier Benjamin Netanyahu a rinviare ogni azione ostile contro la Repubblica Islamica a dopo le elezioni del 6 novembre.
La smentita della Casa Bianca sulle forniture di armi tuttavia non attenua la sensazione che il presidente Usa abbia promesso di appoggiare attivamente Israele in un attacco contro l’Iran, qualora Tel Aviv sia disposta a pazientare.
In Israele ci sono solo due veri sostenitori di un attacco all’Iran, almeno a parole: il premier Bibi Netanyahu e Barak. I due uomini più potenti del Paese. La comunità dei servizi segreti – Mossad e apparati militari – è sempre stata contraria: troppo pericoloso agire militarmente contro un pericolo ancora ipotetico.
Appare evidente che chi vuole la guerra più di tutti sono gli Usa. Obama ha capito che per uscire dalla crisi occorre una guerra, e Ahmadinejad è il nemico cattivo contro cui anche un pacifista come lui non può far altro che combattere.
Infatti, giusto a Capodanno, ha sottoscritto il National Defense Authorization Act, una misura preventiva e del tutto straordinaria, che di fatto «sospende le libertà civili» e autorizza la carcerazione a tempo indeterminato degli americani. Un colpo basso, per tagliare le gambe alla protesta: quella contro Wall Street e quella che si scatenerebbe nel caso di una nuova guerra.
Tutto ciò però dovrà avvenire dopo le elezioni, ecco perchè la richiesta degli Stati Uniti ad Israele di pazientare.