The Hunger Games
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The Hunger Games

...and he says the agreement was that the Athenians should furnish the ship, and that the youths should embark and sail with him carrying no warlike weapon, and that if the Minotaur was killed the penalty should cease.

Scusate il verboso cappello introduttivo, ma la dedica al Teseo di Plutarco ed al perverso gioco di Minosse con annesso labirinto era d’obbligo.

I giochi della fame Faccio i miei complimenti all’autrice Suzanne Collins (tra l’altro già famosa per la saga di “The Underland Chronicles”, “Le Cronache del Mondo Emerso” in Italia), per aver azzeccato uno dei migliori titoli che abbia mai sentito: “The Hunger Games”, letteralmente “i giochi della fame”.

La stessa fame che costringe le popolazioni dei 12 distretti – una volta 13 – di Panem ad assoggettarsi al dominio della capitale (Capitol, originale, vero?), dove vezzo e lusso fanno da contraltare alla miseria dei distretti stessi.

La fame di molti per l’ingordigia di pochi.

Ecco perché mi piace così tanto il titolo scelto dall’autrice, con appena tre parole (2, senza l’articolo) ha riassunto sia l’oggetto del primo racconto – gli Hunger Games a cui la protagonista prenderà parte, suo malgrado – sia il soggetto di tutta la saga, cioè l’insaziabile ingordigia dell’uomo per il potere ed il controllo sui suoi simili.

L’omonimo film – senza prendersi troppe licenze dal libro – racconta la storia di Katniss Everdeen, una sedicenne del 12° distretto – patria di miniere e minatori – che per vivere e sostentare la madre e la sorellina Prim, è diventata un’ottima cacciatrice. Insieme alla sua storia viene raccontata quella accaduta alla nazione 74 anni prima.

I distretti di Panem, stanchi dell’oppressione della capitale, si ribellarono, portando la guerra civile alle sue porte. La risposta di Capitol non si fece attendere ed inviò l’esercito a sedare le rivolte, fino all’annientamento del 13° distretto. Da quell’anno, in segno di sottomissione, i rimanenti 12 distretti devono inviare annualmente due “tributi” di sangue – un maschio e una femmina – sorteggiati tra i giovani dai 12 ai 18 anni.

Gli estratti parteciperanno agli “Hunger Games”, un reality televisivo trasmesso in tutta la nazione in cui i 24 ragazzi, messi gli uni contro gli altri, lotteranno, cercando di uccidere senza rimanere uccisi, finché soltanto uno di loro rimarrà, diventando il vincitore.

Teenager innamorato? Successo assicurato! Hollywood l’ha capito,i teenager sono una gallina dalle uova d’oro, lo dimostra il successo di saghe come quella di Harry Potter – in realtà pensata per un pubblico più piccolo –, senza citare la vuota quanto remunerativa saga dei vampiri “fighi-ma-un-po’-sfighi” di Twilight.

Quindi anche Hunger Games è un blockbuster senz’anima?

La risposta breve è: No. E per fortuna, aggiungo io.

La storia è tutto tranne che scontata e Hunger Games ha tutte le carte in regola per diventare un cult della fantascienza.

Ci sono losche trame politiche, denuncia dei falsi valori imposti dai media quali vere e proprie armi di distrazione di massa. Oltre a questo ci sono oppressione, riscossa, azione, violenza e amore, il tutto servito ad un ritmo serrato e con un cast di tutto rispetto – da Donald Sutherland a Stanley Tucci, fino ad un inaspettato Lanny Kravitz –, una su tutti l’ottima interpretazione della promettente Jennifer Lawrence, già nominata agli ultimi Oscar come protagonista femminile del film “Un Gelido Inverno”.

In attesa del prossimo film della serie, facciamo i complimenti al regista Gary Ross ed alla Collins – che ha collaborato anche all’adattamento del proprio romanzo per il cinema – augurandoci che altri autori e registi seguano l’esempio di Hunger Games, un successo meritato per un libro – ed un film – per teenager, ma con un’anima.