Facebook. Dopo il flop in borsa arriva il
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Facebook. Dopo il flop in borsa arriva il "promoted post".

Dopo la travagliata quotazione in borsa, il social network di Mark Zuckerberg introduce anche in Italia nuove modalità per pubblicare avvisi pubblicitari.

La novità è rappresentata dalla “promozione dei post” (“promoted post”), un sistema a pagamento che permette ai titolari delle fan page di dare una maggiore visibilità ai loro post.

Secondo i dati pubblicati da Facebook a inizio 2012, solo il 16% dei fan visualizzano i post pubblicati dalle aziende a cui hanno concesso il tanto discusso “mi piace”.

Ora Facebook offre a pagamento la possibilità di aumentarne la visibilità per garantire alle aziende di raggiungere un maggior numero di iscritti. In Italia la promozione dei post è stata attivata, ma la sua introduzione è coincisa con un drastico calo nella visualizzazione dei post non promossi.

Proprio la questione della pubblicità, secondo molti analisti finanziari, era stata tra le cause del flop a Wall Street nello scorso maggio.Nessuna sorpresa, quindi, che il social network più famoso al mondo abbia deciso di puntare decisamente su un incremento della pubblicità. Un’operazione, però, che ha i suoi rischi. Già l’introduzione di pubblicità esterna, visualizzata nella parte sinistra della pagina e che riporta la dicitura “ads not by facebook” aveva provocato la reazione sdegnata di molti utenti.

Alle proteste degli utenti si sono aggiunti, nei mesi scorsi, anche i guai legali. Il mese scorso Facebook ha accettato di versare 10 milioni di dollari in beneficenza per mettere fine alla controversia legale che aveva come oggetto le “notizie sponsorizzate”.

Il caso di_ Angel Fraley_, una delle querelanti nella causa intentata al social network, delinea bene il meccanismo. Una volta aggiunto un “mi piace” alla pagina di Rosetta Stone per scaricare un software gratuito, il nome del suo profilo (Angel Frolicker) è comparso sulle pagine di tutti i suoi contatti con accanto la scritta “A Angel Frolicker piace Rosetta Stone”.

Un sistema utilizzato ampiamente all’interno di Facebook, ma che contrasta con la legge californiana che vieta di usare nome, voce, firma, fotografia o elementi simili di un’altra persona per scopi pubblicitari. Insomma, tempi duri anche per Zuckerberg.