C’è tempo fino al 31 luglio per firmare il referendum contro i privilegi dei parlamentari. Fermo restando che qualsiasi azione contro questa classe politica trova il mio più totale appoggio è giusto, però, chiedersi se questa raccolta firme porterà a qualcosa di concreto.
A riguardo, rimango piuttosto scettico.
Innanzitutto i primi dubbi riguardano effettivamente l’oggetto che mira ad abrogare. Il referendum in questione infatti, con troppa facilità, viene definito come ‘referendum anti-casta’ contro tutte le ingiuste e ingiustificate indennità parlamentari. In realtà il suo campo di applicazione è molto limitato.
La raccolta firme è indetta per abrogare solo l ‘art. 2 della L.1261/1965 che prevede la corresponsione di una diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma (che viene corrisposta anche a chi è residente). Tale indennità si aggiunge all’indennità vera e propria che è pari allo stipendio di un magistrato con funzioni di presidente di sezione della Corte di Cassazione.
In termini strettamente economici, ai parlamentari spetteranno invece di 18mila euro netti al mese (sono 5 mila di base più agevolazioni dirette e indirette) circa 15mila, per un risparmio di 3 milioni e 150mila al mese e di35 milioni circa all’anno (quando il Parlamento è chiuso la diaria non spetta). Per cui si può specificare che il referendum in questione non è il referendum contro le indennità perché esso toglie solo il 20 per cento di quelle stesse indennità. Ovviamente sarebbe un buonissimo punto di partenza però non bisogna illudere chi firma che quegli stessi abnormi benefici siano tolti all’improvviso.
Altre perplessità investono la validità delle firme raccolte sinora. In base alla legge 352/1970 non si possono depositare richieste 12 mesi prima e 6 mesi dopo le elezioni e nel 2013 finirà l’attuale legislatura e si andrà nuovamente alle elezioni, per cui nel 2012 non è possibile presentare una proposta di referendum. La legge n. 352 del 1970 infatti parla chiaro. “Non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime” che unitamente all’articolo 28: “il deposito presso la cancelleria della Corte di cassazione di tutti i fogli contenenti le firme e dei certificati elettorali dei sottoscrittori deve essere effettuato entro tre mesi dalla data del timbro apposto sui fogli”.
Il partito Unione Popolare promotore del referendum ha risposto a questi dubbi chiarendo che la proposta referendaria è stata presentata il 19 aprile e cioè a distanza di un anno esatto da quelle che saranno le future elezioni. Il discorso sarebbe convincente se non fosse che la legge intende per deposito della proposta referendaria non solo la pubblicazione del quesito referendario sulla Gazzetta Ufficiale ma anche il deposito delle firme.
Insomma appare assai difficile che il referendum andrà in porto.