Ci siamo, dopo due lustri trascorsi in fiduciosa attesa, il Detective Payne torna a fare capolino sui nostri desktop.
Il Dolore sarà sempre al Massimo?
Ehi, E’ Max Payne!
Max Payne ritorna con un nuovo capitolo e una nuova pagina della propria vita, al timone il team di Rockstar Vancouver e grande assenteista Sam Lake – la mente letteraria dietro i primi due capitoli.
Dalle norrene atmosfere della periferia di New York il caro Max, consegnato il distintivo della DEA, finisce a San Paolo del Brasile, con la promessa di un lavoro semplice e pulito come guardia del corpo privata della facoltosa famiglia Branco.
Ovviamente la trama non poteva limitarsi all’happy ending dopo i primi 15 minuti e ben presto Max si ritroverà, suo malgrado, invischiato in una storia di soldi, droga e potere, in cui cercherà di ricomporre i pezzi della propria vita, il tutto contornato di proiettili ed in più l’aggiunta di una guarnitura d’imprecazioni in castigliano.
Insieme al fido Raùl – machit’hamaivisto?! – Passos, Max dovrà fare da balia ai propri vezzosi datori di lavoro, finendo per combattere tra le strette vie della favela contro una gang brasiliana – il Comando Sombra – e perfino l’UFE (la famosa unità anti-droga d’elite carioca).
Máximo de Dor
Andiamo subito al sodo della questione: che ne è stato del Max Payne originale?
Ok, Rockstar non è Remedy, cambio di software house, di ambiente e di dinamiche, tutto ammodernato e calibrato per soddisfare i palati di PCisti e Consolari di ogni sesso ed età, ma, ripeto, che ne è stato del vecchio, logoro, malconcio, satirico e grottesco Max Payne? Dove sono finite le sequenze hard-boiled che hanno contribuito a creare un icona storica del videoludo?
Non si sa. Che sia l’età, le troppe delusioni, la dipendenza da alcool e pillole, fatto sta che il Max del terzo capitolo ha poco a che fare con il protagonista delle storie precedenti. E non è solo questione di dialoghi o location, è la trama, vero e proprio marchio di fabbrica della saga, a mancare di piglio.Senza più nulla da perdere – questa volta per davvero – Max (e noi con lui) si trascina tra sparatorie ed esplosioni,inseguendo una fantomatica giustizia che, in ultimo, funge da mero collante tra un livello ed il successivo.
Tutto da buttare?
Fortunatamente no. Il gioco è un “tripla A” a tutti gli effetti con ambientazioni, musiche e scelte di gameplay ricercate ed azzeccate, il tutto basato su un motore di gioco robusto e scalabile – anche se forse dalla grafica un po’ troppo “brilloccosa” per il miei gusti – ed una trama nel complesso interessante – al pari di altri titoli usciti di recente.
Il problema è che gli sceneggiatori, pur cercando di far evolvere il personaggio di Max,finiscono per darne una descrizione superficiale e pressapochista, lontana anni luce dalla personalissima caratterizzazione ai cui il pubblico era stato abiutato.
Per concludere, un gioco tecnicamente riuscito, con un gameplay accattivante – il bullet-time c’è, in versione aggiornata e corretta – ed una trama “à la Rockstar”.
Peccato per le atmosfere noir a cui i titoli precedenti ci avevano abituato, un po’ meno di GTA e un po’ più di Sam Lake non avrebbero guastato.
Al prossimo capitolo, Max.