La proposta è stata lanciata dall’ex garante per la Privacy, Francesco Pizzetti, sulle pagine di Avvenire. Pizzetti sostiene l’inversione del «vecchio e solido principio liberale» del “no taxation without representation”, per cui «non si pagano le tasse se non si possono eleggere propri rappresentanti, può funzionare anche capovolto».
Il reato di evasione fiscale, al momento, non figura tra quei casi di «indegnità morale» che la carta fondamentale indica quale requisito per la sospensione dei diritti politici.
Per il costituzionalista, in Italia non bastano multe e sanzioni: “Negli Stati Uniti d’America, chi non paga i tributi viene considerato dagli altri cittadini una specie di ladro, che ruba qualcosa anche a loro. E costoro sono i primi anticorpi a respingere, a livello sociale, il virus dell’evasione. In Italia invece si continua a considerare chi buggera l’erario un tipo astuto, lo si chiama “furbo”, quasi a sottolinearne l’abilità nel gabbare lo Stato”.
La proposta/provocazione di Pizzetti susciterà per questo anche molte critiche. Ma sul web sono già in molti ad appoggiarla e qualcuno ritiene che ci si dovrebbe spingere anche oltre, con punizioni più severe.
L’evasione è un male sociale, e va estirpata. E questo è un fatto. Ma sarebbe giusto togliere il diritto di voto e il diritto ad essere eletto agli evasori?
L’evasione è, di fatto, un reato contro la società e contro la collettività. Chi ruba i soldi delle tasse li ruba allo Stato, e quindi a tutti i cittadini. Li ruba agli ospedali, alle scuole, alle risorse per le infrastrutture, ai disoccupati, ai giovani, agli anziani bisognosi di assistenza e via dicendo.