Il 12 febbraio meglio non recarsi in ospedale per partorire. Ginecologi e ostetriche scendono in sciopero e per tutta la giornata non si faranno parti programmati. A fermarsi saranno anche consultori e ambulatori territoriali, dove normalmente si fanno esami, visite ed ecografie.
Niente cesarei o induzioni al parto naturali programmate ma saranno assicurati i parti urgenti e le emergenze. Si stima che lo sciopero comporterà il rinvio o l’anticipazione di 1.100 delle circa 1.500 nascite che si registrano in media ogni giorno.
Due i motivi alla base dello sciopero: i tagli alla sanità e il contenzioso medico legale, quest’ultimo un problema molto sentito dalla categoria. Il personale sanitario protesta in primo luogo per i tagli operati dal decreto sulla “spending review” e da altre norme sul sistema sanitario.
In secondo luogo i professionisti protestano per il boom dei contenziosi legali e per i livelli altissimi delle polizze assicurative. Gli errori in ginecologia e ostetricia sono quelli che portano ai risarcimenti più alti, perché le vittime sono madri o bambini piccolissimi ma secondo i ginecologi oltre il 98% dei procedimenti a carico del personale sanitario si conclude con l’archiviazione.
La mancanza di una condanna non impedisce a molti medici di veder rovinata la propria carriera e induce il personale sanitario alla cosiddetta ”medicina difensiva”, cioè a compiere accertamenti superflui e sovrabbondanti pur di evitare rischi. Alta la possibilità di incorrere in grane giudiziarie, alta la polizza assicurativa, soprattutto nel settore privato (nel pubblico è coperta in parte dall’Asl stessa).
Lo sciopero è il primo nella storia della categoria ma non per forza anche l’ultimo. Se ginecologi e ostetrici non verranno ascoltati dalle forze politiche, a febbraio potranno proclamare lo sciopero elettorale, con la riconsegna dei certificati elettorali ai Comuni in occasione del voto.