1985, 1965 e 1932. Gran Budapest Hotel è una rara matriosca che racconta una storia fantastica. Il regista è Wes Anderson e, come per “I Tenenbaum” e “Il Fantastico Mr. Fox”, firma una pellicola paradossale e accattivante allo stesso tempo. 1985. Una ragazza si ferma a leggere una storia del libro dello Scrittore e subito siamo proiettati nel 1965. Grand Hotel Budapest. Lo Scrittore (Jude Law) alloggia nell’ormai decaduto hotel. Lì fa la conoscenza del proprietario, Mr. Moustafa, un uomo anziano che ogni anno affitta la stanza più piccola dell’hotel. Incuriosito, Lo Scrittore farà la conoscenza dell’anziano
proprietario – che scopre chiamarsi Zero – il quale gli racconterà la mirabolante storia di come lui, Zero di nome nonché di fatto, entrò in possesso di uno degli hotel più prestigiosi del mondo.
- Zero (Tony Revolori) è al suo primo giorno di lavoro come “garzoncello” (lobby boy) del prestigioso hotel. A dirigere l’immensa struttura c’è il concierge Monsieur Gustave (Ralph Finnes). Amato dalle abituali nonché ottuagenarie visitatrici della struttura, Gustave è famoso per i propri modi garbati e l’incredibile perfezionismo nel fornire la miglior esperienza possibile ai (e soprattutto alle) clienti. Ben presto Gustave prenderà come garzoncello personale il giovane Zero, insegnandogli tutti i segreti della propria arte. Con la morte dell’84enne Madame M., una delle devote amanti di Gustave, si innesca una valanga di eventi (e avventure) che porta i due protagonisti in giro per lo stato – inventato e innevato – della Zubrowka. I due venderanno cara la pelle, difendendo gli ultimi barlumi di una morente cavalleria tra avidi ereditieri, sicari implacabili, la guerra ed l’imperante razzismo – il riferimento all’invasione nazista di quegli anni è chiaro.
L’air de Panache
Protagonista nonché grande istrione della pellicola è Finnes che regala una prova d’attore di prim’ordine. Va anche detto che dalla sua Finnes può contare sulla grande sinergia nata con Revolori (il giovane Zero). Basta un gioco di sguardi tra i due per innescare una risata nello spettatore. Non da meno è il resto dello stellare cast, con nomi come Adrien Brody, Willem Defoe, Edward Norton, Tilda Swanson, Bill Murray e Jeff Goldblum, solo per citarne alcuni.
Il film è una piccola gemma. Un maccaron farcito di particolari, vero marchio di fabbrica di Anderson. I dialoghi a mitraglia intrisi di wit sono la ciliegina sulla torta. Come un coloratissimo libro finemente illustrato, Grand Hotel Budapest trascina grandi – e perché no piccini – in una storia d’altri tempi di cui, è il caso di dirlo, si sente spesso la mancanza.