Un milione di modi per morire nel West
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Un milione di modi per morire nel West

Seth MacFarlane – papà de “I Griffin” – ritorna dietro alla cinepresa con “Un milione di modi per morire nel west”, figlio spirituale di “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”.

Un Milione di Modi per Morire nel West

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Dopo il successo di Ted – a cui farà seguito un secondo film nel 2015 –, MacFarlane dirige sé stesso in “Un milione di modi per morire nel west”, parodia della grande epopea Western.

Nel paesino di Old Stump vive Albert Stark (MacFarlane) – che nulla ha a che vedere con Tony o Eddard – nell’Arizona di fine ‘800. MacFarlane modella il personaggio da lui interpretato sulle orme degli anti-eroi di Allen, intelligente e sensibile ma anche pavido ed impacciato. Del resto Albert vive in un tempo e luogo in cui ci sono milioni di modi spaventosi di morire, come dargli torto.

Louise (Amanda – Mamma Mia! – Seyfried) lascia Albert a causa della sua mancanza di carattere, scegliendo di stare col bellimbusto mustacchiato Foy (Nail Patrick – How I met your mother – Harris). Per fortuna di Albert, ci penserà la bellissima Anna (Charlize Theron) a sparigliare le carte in tavola e a trasformare il timido ed impacciato protagonista in … un timido e leggermente meno impacciato uomo del West. Oh, è c’è anche Liam Neeson che fa il cattivo, per la cronaca.

Mezzogiorno e mezzo di fuoco II

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Ok, forse il titolino sopra osa troppo – già mi immagino i puristi di Brooks con fiaccole e forconi – ma è innegabile che l’intento di MacFarlane, storiella sopraccitata a parte, sia quello di far satira sulla stra-abusata epicità del West americano. Così come Brooks fece nel ‘74 parodiando i cult del tempo ed esorcizzandone l’implicito razzismo, MacFarlane, con il proprio distintivo humor, estremizza le idiosincrasie del West, dalla pericolosità delle pratiche mediche anacronistiche, ai costanti incidenti mortali, dalla stranezza delle pose fotografiche del tempo (guai a chi rideva), agli stereotipi di protagonisti e comprimari.

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Va detto che MacFarlane, da solo, non avrebbe nessuna speranza di portare a casa un buon risultato. Per fortuna al suo fianco c’è la grandissima Theron che, anche in un ruolo comico, sa il fatto suo. Voluto o meno, il risultato è che Albert non diventa mai il personaggio principale, sfuocando gli altri sullo sfondo. Anzi, il protagonista è proprio uno di loro e la pellicola prosegue come un opera corale. Che sia una deformazione professionale di MacFarlane, abituato a lavorare sullo sviluppo di più personaggi in parallelo nelle proprie serie TV? Chissà. Personalmente, da fan de “I Griffin” quale sono, mi sono goduto la pellicola ridendo a crepapelle a più riprese. Questo però non vale per la maggior parte degli spettatori che, con buona probabilità, troveranno la comicità della pellicola offensiva, volgare o semplicemente stupida.

Consiglio, un de-gustibus-cowboy-milk per mandare giù la pellicola indigesta.