Da pochi minuti si sono chiuse le urne in Grecia e per Syriza si profila una vittoria schiacciante. Secondo i primi exit poll, il partito di sinistra di Alexis Tsipras si collocherebbe tra il 35,5% e il 39, 5% mentre Nuova Democrazia del premier uscente Samaras non andrebbe oltre il 27%. Al terzo posto, a pari merito, Potami e Alba Dorata, collocati tra il 6,4 e l’8%. Inutile dirlo che si tratta solo di exit poll, per avere il risultato definitivo bisognerà aspettare lo spoglio delle schede.
Le urne si sono chiuse alle 19 (le 18 in Italia). Nessun dato ancora sull’affluenza. Se si confermassero i risultati, in Grecia nascerebbe il primo governo della zona euro apertamente impegnato a cancellare le condizioni di austerità su cui si basa il programma di salvataggio del Paese, sostenuto dalla cosiddetta Troika (Ue, Bce e Fmi).
Tsipras ha infatti annunciato che non rispetterà gli accordi sottoscritti dai suoi predecessori e che negozierà con l’Europa il taglio del debito greco. Tra le altre misure annunciate anche l’aumento delle pensioni e degli stipendi e il taglio delle tasse. Esclusa, in teoria, l’uscita dall’euro. Se davvero si confermerà la vittoria di Syriza, resta da chiedersi come reagiranno le istituzioni europee, la troika e i mercati.
Le misure di Tsipras hanno un nemico comune: l’austerità, quel mantra sostenuto dall’Europa che secondo il politico greco non rappresenta il futuro per il suo paese. Un paese ridotto alla fame e alla povertà dai burocrati europei che, qualora i risultati venissero confermati, ha deciso di riappropriarsi della propria identità. Una nazione che ha detto no a morire di fame per le strade di Atene in nome dell’euro. Ha detto no a ingrassare la Germania e i paesi del Nord Europa. E che ora dovrebbe essere presa ad esempio per chi non vuole essere schiavo a vita di quell’austerità che ammazza molti e arricchisce pochi.