The (poor) Imitation Game
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The (poor) Imitation Game

Benedict – Sherlock – Cumberbatch interpreta Alan Turing. Un gioco di imitazioni del padre dell’informatica per il grande pubblico ma che mancherà di rendere giustizia al vero genio che decrittò l’Enigma.

The Imitation Game

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The Imitation Game segue la caratterizzazione delle epiche biopics di geni ribelli. Non sorprende se vedendolo salta alla mente “A Beautiful Mind”. Cosa c’è di meglio di un geniale outsider per cui trovare un posto nella società è impossibile? Uno Spock di metà ‘900, freddo calcolatore, che fatica a decifrare un invito a pranzo dei propri colleghi, incapace d’interpretare una battuta sarcastica o di instaurare una qualsiasi interazione sociale.

Caratterizzazione che farà storcere il naso ai – pochi? – che conoscono la Storia – S maiuscola – di Turing. Un personaggio sì eccentrico – se no che genio sarebbe? – ma anche affabile e stimolante, attaccatissimo alla madre, dotato di una spiccata ironia e di un concetto discutibile di igiene personale. Ben lontano dall’azzimatissimo Benedict Cumberbatch. Maestro nel dar vita ai geni “da botteghino”, ma che in questo caso interpreta un uomo passivo, debole e sconsolato, spesso incapace di difendersi. Lo stereotipo di omosessuale che, al contrario, una figura come quella di Turing avrebbe spazzato via con la propria forza e vivacità.

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Quel che invece fa la pellicola è spingere sull’acceleratore del pathos, del genio incompreso che urla al mondo “Lasciatemi fare! Voi non capirete mai l’importanza della mia creazione!”. Manca solo il “Io Tifenta Patrone ti Monto!”, ma quella parte era già stata assegnata ad un ometto coi baffetti neri dall’altra parte della Manica.

In realtà l’esperienza di Turing a Bletchley Park è stato uno sforzo congiunto di alcuni degli scienziati più brillanti dell’epoca. Evoluzione delle “bombe” polacche sviluppate pochi anni prima per decrittare Enigma. Un processo che ha richiesto conoscenze dalla teoria matematica all’ingegneria e coordinato dai militari, ben consci del fine da raggiungere, Denniston – Charles - Nonno Lannister - Dance – in primis.

Devo ammettere di essere rimasto un po’ deluso dalla “piega” che il registra Morten Tyldym ha voluto dare al personaggio di Turing, focalizzando in particolare il suo rapporto con Christopher Morcom – il primo amore di Turing – e la sua omosessualità. Si finisce così con un protagonista paranoico, timoroso di rivelare le proprie inclinazioni sessuali e il cui sforzo ultimo, durante e dopo la guerra, è quello di tentare di “ricostruire” il proprio amato con rotori e valvole. Ritratto che si allontana molto dal vero Turing che non faceva mistero delle proprie inclinazioni sessuali, tanto che fu lui stesso – al contrario di quanto accade nella pellicola – a denunciare alla polizia il furto per mano di uno sei suoi amanti.

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Anche la storia della mela viene forzata, mentre in realtà rimane ancor oggi un mistero. Nel film sembra una diretta conseguenza del trattamento ormonale a cui Turing fu effettivamente sottoposto fino al 1952 per “curare” la propria omosessualità. Al contrario la morte di Turing, accaduta un anno dopo la fine dei suddetti trattamenti ed imputata al morso di una mela imbevuta di cianuro, fatica a trovare una spiegazione soddisfacente. La famosa mela non fu mai analizzata e gli esperti si dividono su tesi che vanno dal maccartismo (Turing era un personaggio da eliminare perché a conoscenza di molti segreti ed al tempo essere gay era ritenuto “di sinistra”) alla possibilità di un incidente di laboratorio (Turing amava la chimica e spesso conduceva esperimenti col cianuro, come riportato in un frammento della pellicola).

Con questa (lunga) critica non voglio condannare il film. Anzi, la pellicola non fatica a coinvolgere il pubblico, scorre veloce e tra una battuta e una lacrima gli spettatori vengo accompagnati verso il drammatico finale. Fazzoletti alla mano. Oscar(s) assicurati.

Personalmente mi aspettavo un ritratto dal più ampio respiro. Come scrivevo all’inizio, un “A Beautiful Mind” sul papà (o nonno) dell’informatica che ne descrivesse la vita ma anche, e soprattutto, le opere al grande pubblico. Un elemento che probabilmente non è mai entrato nella lista di obiettivi per questo film. Un avvincente quanto blando gioco di imitazione del vero Turning.