Dopo un’attesa di 17 anni dal primo film sugli X-uomini, gli X-Men sbarcano sul piccolo schermo con una… Legione.
The Story So Far
La “L” maiuscola nel cappello introduttivo non è un refuso. Legione (senza la “e” finale, in inglese) è infatti un personaggio relativamente sconosciuto al grande pubblico ma famoso per gli X-fan di tutto il mondo. Nei fumetti, Legion, al secolo David Haller, è figlio naturale (nel senso di non legalmente riconosciuto) di Charles Xavier — potente telepate oltre che fondatore della scuola e del gruppo di mutanti più famosi del pianeta.
Introdotto nel 1985, David eredita dal padre potenti abilità psichiche ma come la madre soffre di problemi psichici. Al manifestarsi dei propri poteri, la personalità di David si frammenta in migliaia di identità. Quando una di esse prende il controllo, i poteri di David cambiano di conseguenza, facendo di lui uno dei mutanti più potenti e al contempo più pericolosi del pianeta. Nel 2000, le già impressionanti abilità del mutante diventano ancora più pericolose, includendo alcuni tratti di un altro potentissimo mutante: Proteus, capace di modificare la realtà a proprio piacimento.
Legion
La recente serie TV di FX attinge dal background fumettistico descritto sopra, ma riesce a concentrarsi, più che sullo spettacolo dei poderosi poteri di Legion (ci sono anche quelli eh), sulla frammentata psicologia del personaggio. Ad ogni episodio la serie domanda allo spettatore “Cos’è la realtà?”. Una caratteristica già presente nella serie di grande successo Mr. Robot, qui esacerbata dai poteri di David, capaci di riscrivere le leggi della fisica.
Nella prima puntata della serie troviamo David (Dan Stevens) internato nell’ospedale psichiatrico “Clockworks”, un mondo nel quale è facile — tanto per David quanto per lo spettatore — smarrirsi, tra anacronismi di mode retró anni ‘70 affiancate a modernissime tecnologie costruite con pezzi presi direttamente dal viale dei ricordi analogici. Probabilmente una scelta ponderata dal regista Noah Hawley, reduce dal successo della serie “Fargo”, e conscio del potere di una caratterizzazione così surreale, capace di stimolare lo spettatore nel mettere in discussione la relazione tra gli eventi presentati sullo schermo.
Il ricovero di David, vissuto insieme all’inseparabile matta(cchiona) Lenny (Aubrey Plaza, la April di Parks and Recs.), sarà presto interrotto dall’arrivo di Syd (Rachel Keller), la quale, benché soffrendo di afefobia (paura del contatto fisico) si innamora di David. La scena idilliaca durerà poco: ben presto David si ritroverà i Men-in-black del governo alle calcagna e sarà salvato da un gruppo di mutanti che hanno bisogno del suo aiuto. Ma quanto sarà vero e quanto è frutto dei fenomenali poteri di David, asserviti alla sua fervida immaginazione?
La serie, acclamata da critica e pubblico, pone il tema del mondo visto dalla prospettiva di uno schizofrenico in primo piano. La malattia, lontana dall’essere un semplice espediente narrativo per sorreggere i fenomenali poteri del protagonista, è comprimaria e la serie si assume la responsabilità di trattare l’argomento con un’umanità e comprensione visti raramente in televisione, men che meno in una storia che tratta di uomini con super-poteri.