La dipendenza da smartphone ora ha un nome, nomofobia.
Secondo i dati riportati dall’Università di Granada i giovani più colpiti sarebbe quelli di età tra i 18 e i 25 anni, con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali che sentono il bisogno di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso il telefono cellulare.
Si può parlare di nomofobia quando una persona prova ansia di rimanere fuori dal contatto di rete mobile, al punto da sperimentare effetti fisici collaterali simili all’attacco di panico come mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, nausea.
Secondo l’ente di ricerca britannico Yougov, più di 6 ragazzi su 10 tra i 18 e i 29 anni vanno a letto con lo smartphone, e oltre la metà degli utenti di telefonia mobile (53%) tendono a manifestare stati d’ansia quando rimangono a corto di batteria, di credito o senza copertura di rete.
Nonostante ci siano all’attivo ancora un numero ridotto di ricerche sul tema, già nel 2014 gli italiani Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, ricercatori dell’Università di Genova, avevano proposto di inserire questa patologia nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
“L’abuso dei social network può portare all’isolamento come conseguenza della nomofobia” afferma Ezio Benelli, presidente del Congresso mondiale di Psichiatria dinamica. “L’utilizzo smodato e improprio del cellulare come di internet può provocare non solo enormi divari fra le persone, ma anche portarle a chiudersi in se stesse, sviluppare insicurezze relazionali o alimentare paura del rifiuto, a sentirsi inadeguate e bisognose di un supporto anche se esterno e fine a se stesso”.