L’avevamo visto nella recente super-rissa di Captain America: Civil War in cui un giovanissimo Spider-man veniva reclutato da Tony Stark/Iron-man tra i propri ranghi.
Ora, grazie alla partnership tra Sony (detentrice dei diritti cinematografici dell’Uomo Ragno) e Disney/Marvel, il ragnetto torna all’ovile con — nomen omen — Spider-man: Homecoming.
Il film, tralasciata la trita-e-ritrita origin story, si focalizza sulla vita post-Civil War del quindicenne Peter Parker interpretato dal giovane attore/ballerino Tom Holland. La pellicola, tenendosi a giusta distanza dalla Storia (maiuscola) dell’Universo Marvel, si concentra sugli eventi del quotidiano di Spidey per i quartieri del Queens.
Come da copione, ai problemi tipici di un teenager Peter aggiungerà quelli di un supereroe in divenire, dove far colpo sulla ragazza per cui batte il proprio cuore va in contrapposizione con lo sventare il piano dei cattivoni di turno e salvare una nave da sicuro affondamento. Il film è dinamico e la narrazione spesso ricorda più un video-diario ripreso al cellulare che un “serio” film Marvel (il che non è un demerito ma, semmai, una nota positiva ed ardita per regista e produzione). La spensieratezza della narrazione è sottolineata, a più riprese, con pezzoni intramotabili della teenagerhoodine tutta, uno su tutti “Blitzkrieg Bop” dei Ramones. E dato che alla Marvel sanno che un eroe è grande solo quanto il proprio villain, hanno pensato bene di ingaggiare quel mostro (in senso positivo) di Michael Keaton per la parte dell’Avvoltoio (Volture), una delle nemesi storiche del Ragnetto.
Grandi assenti (per giusto e giustificato motivo): ragni radioattivi, zii Ben, sensi-di-ragno e il sempiterno “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Elementi la cui presenza avrebbe reso un film veloce e scanzonato l’ennesima variazione su un tema che, già col secondo sequel di Spider-man del 2004 (con Tobey Maguire), cominciava a risultare stantio.
Al contrario abbiamo la zia May (interpretata dall’ottima Marisa Tomei) e Tony Stark a rappresentare rispettivamente la terra (la realtà) e il cielo (i sogni) di Peter, in un turbinio di azione, riferimenti pop e battute (alcune riuscite, alcune un po’ meno). Homecoming non è un film per tutti i palati, soprattutto quelli dei fan Marvel che si aspettano la narrazione epica dei “classici” del genere. Qui la dimensione è molto ridotta, sia geograficamente (l’azione si svolge principalmente a New York) che anagraficamente, incentrandosi sui rapporti tra Peter i propri coetanei, in particolare l’amico/aiutante Ned e la bella Liz.
Anche se “scivola” (in maniera limitata) sull’uso della grafica computerizzata, non sempre usata con saggezza — ma menzione d’onore per il bellissimo costume meccanizzato dell’Avvoltoio — e sui dialoghi tra i giovani interpreti, che in alcuni casi sembrano forzati e più vicini all’idea che un adulto potrebbe avere degli effettivi scambi di battute tra teenager, il film difficilmente deluderà il pubblico Marvel (e non).
Welcome home, Spidey! Hey! Oh! Let’s go!