Captain America: Civil War
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Captain America: Civil War

Civil War, botte a volontà ma di grande qualità.

Civil War

Terzo capitolo per il Primo Vendicatore dopo il (grande) successo del precedente Winter Soldier.

Mettiamo subito le carte in tavola. Questo Civil War ha — nel bene o nel male — poco o nulla a che spartire coll’omonimo crossover fumettistico. È un film della serie Captain America, quindi è lui il protagonista (così come Superman lo era nel recente Batman vs Superman). E infine, ci ho messo la bellezza di 3 giorni per trovare un “perché” che ne giustificasse la trama.

I fratelli Russo, già registi dell’apprezzatissimo The Winter Soldier, hanno puntato alto mettendo davanti alla cinepresa una dozzina di supereroi, aggiungendo i giusti ingredienti alla zuppa — il senso di colpa di Tony Stark, il Gomblotto! di Bucky, la fede del Cap, la vendetta di Pantera Nera — e facendola bollire fino all’esplosione del tanto pubblicizzato scontro tra supertizi: una goduria per gli occhi, soprattutto per come i registi hanno sfruttato poteri e vulnerabilità di (quasi) ognuno nel mega-rissone, fino al toccante (nonché telefonato) finale.

Applauso ai Russo che confermano la loro abilità nel bilanciare azione, comicità e dramma.

Però, mentre scorrevano i titoli di coda, aspettando l’immancabile scena post-credits, non riuscivo a trovare il fil rouge che legasse la trama di questo blockbuster. Finalmente, tre giorni dopo (mica avevo solo quello a cui pensare!) l’illuminazione: con Civil War i Russo hanno voluto riportare i super-conflitti tra super-eroi ad una dimensione più umana e personale (anche se, personalmente, lo si è fatto in maniera un po’ troppo forzata).

Perché alla fine, quei supereroi lì, che hanno i super-poteri, rimangono esseri umani con amicizie, amori, credi e (tanta) rabbia repressa. Tante delle scelte fatte dai protagonisti, Tony e Steve in primis, sono altamente discutibili — si veda il coinvolgimento nella super-rissa del giovanissimo Spiderman Spiderboy, il primo degno di questo nome — ma se le si guarda con la lente del cuore, più che del cervello, assumono tutt’altra lettura.

Thwip!