Siamo Razzisti?
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Siamo Razzisti?

Addio al mito “italiani, brava gente”. In Italia esiste il razzismo a danno delle comunità nomadi e di alcune categorie di immigrati.

Lo afferma il rapporto di Doudou Die’ne. Il Relatore speciale dell’Onu ha trovato “particolarmente allarmante” l’informazione ricevuta sugli episodi di schiavizzazione nel settore agricolo, delle condizioni di lavoro precario degli immigrati, dei lavoratori domestici e dell’alta incidenza della prostituzione. Die’ne ha anche lamentato l’assenza di accordi bilaterali con la comunità musulmana.

Incaricato di valutare i fenomeni del razzismo, della discriminazione sociale e della xenofobia, Doudou Die’ne ha effettuato una visita in Italia dal 9 al 13 ottobre scorso. Nel rapporto sulla situazione nel nostro Paese, il Relatore Speciale - sottolinea un comunicato del nostro ministero della Solidarietà sociale - ha trovato particolarmente allarmante l’informazione ricevuta in merito agli episodi di schiavizzazione nel settore agricolo, alla situazione delle donne migranti, alle condizioni di lavoro - precarie e fino ai limiti dell’abuso - dei lavoratori domestici, nonché l’alta incidenza della prostituzione.

Doudou Die’ne ha anche lamentato, oltre che l’assenza di accordi bilaterali con la comunità musulmana, vittima, fra l’altro, di atteggiamenti di particolare diffidenza se non di ostilità, ha, dunque, lamentato e anche fortemente criticato l’approccio della Legge Bossi-Fini che a suo parere ha posto l’accento più sulla sicurezza che sulla razionalizzazione del meccanismo dei flussi e sull’integrazione dei migranti.

La legge prodotta dal precedente Governo - come ha esplicitamente fatto notare il Relatore Speciale dell’ONU - ha finito con l’esercitare addirittura un effetto contrario rispetto alle necessità di integrazione e di dialogo interculturale, contenendo in sé meccanismi tesi a criminalizzare taluni segmenti della comunità degli immigrati nel nostro Paese. Saranno contenti i militanti e i dirigenti della Lega Nord, i loro appelli a negare pari dignità ai “bongo-bongo”, come graziosamente li ha definiti spesso il senatore Calderoli, vice presidente del Senato della Repubblica, seconda istituzione dello Stato.

Bastasse vergognarsi, ci sarebbe da vergognarci. Ma qui i “mea culpa” servono a niente. Bisogna risalire, subito la brutta china che ha preso il nostro Paese da qualche anno a questa parte. Se continuiamo a essere tolleranti con l’intolleranza, a far buon viso a cattivi atteggiamenti, a far finta di non sentire l’inascoltabile finiremo di dimenticare la memoria: quella di un Paese nel quale si cantava “Faccetta nera”, si accettavano le leggi razziali, si apostrofavano “terroni” gran parte dei cittadini italiani.

Questo, a mio avviso, non vuol dire che dobbiamo diventare succubi degli immigrati. Infatti 2 questioni in primis mi premono: 1) Se un immigrato si macchia di un grave reato deve essere espulso senza possibilità di ritorno 2) Per quanto riguarda le casi popolari devono essere favorite prima le famiglie italiane e poi quelle straniere

Puntualizzato ciò sostengo che l’unica soluzione sia cercare di favorire l’integrazione di queste persone perché attraverso l’odio non si risolve niente a partire e, soprattutto, dalle scuole perché se Osama avrà come migliore amico e compagno di banco George state tranquilli che da grande non gli manderà come regalo 2 aerei contro le sue torri, ma se mandiamo Osama in una scuola di soli Musulmani e George nella più rinomata delle scuole private allora non ci dobbiamo lamentare se si alimenteranno odi da una parte e dall’altra. Anche perchè per ora è discriminato colui che è nato in un paese diverso dal nostro ma tra pochi anni dovremo fronteggiare un problema ancora più grande, infatti colui che oggi chiamiamo “nero” tra qualche anno sarà un italiano a tutti gli effetti perchè nato e cresciuto nel nostro paese.

Esempio ci è fornito dalla nostra cugina Francia dove nel 2005 abbiamo assistito alla rivolta delle banlieues francesi, in cui Francesi figli di Immigrati hanno sfogato la loro rabbia sentendosi discriminati e trattati in maniera non egualitaria rispetto agli altri giovani francesi.

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