Trama. Webb Carter (Adam Brody), sceneggiatore di film pornografici a Los Angeles con grandi aspirazioni, dopo una dolorosa rottura con la propria ragazza, decide di andare dalla nonna del Michigan per dimenticare e trovarsi. Giunto, fa amicizia con la vicina di casa Sarah (Meg Ryan), che deve affrontare una grave malattia, e la sua famiglia, in particolare la figlia adolescente Lucy. Sarah e Webb, insieme, lotteranno per combattere le rispettive difficoltà. Carter, prima disilluso dall’amore e depresso, seguirà un percorso interiore che lo porterà a conoscere meglio il mondo femminile e a dare un senso nuovo alla propria vita.
Recensione. Molti film percorrono la sottile linea tra dramma e amore, tra dolore e felicità. Sicuramente Il bacio che aspettavo è uno di questi e lo fa con una grande intensità. Webb viene piantato in asso dal suo primo grande amore e si rifugia dalla nonna, distrutto nel cuore e bloccato in un lavoro senza prospettive, con l’ansia di scrivere quell’opera in grado di cambiargli la carriera. Certamente è però nell’ambito affettivo che il dolore è più grande. In Michigan prima cerca di convivere con la nonna, il cui argomento preferito è la propria morte, e poi fa amicizia con la vicina e le sue 2 figlie. Si introducono così altre 2 figure femminili : Sarah è una madre/donna che ha appena scoperto di avere una malattia tendenzialmente mortale mentre Lucy è un adolescente con tutte i pregi e i difetti dell’età. Ma Sarah è la donna più vicina a Webb in quanto vive la stessa confusione mentale ed è colpita nelle certezze che la sorreggono nella sua vita ordinaria. Tra i 2 la nascita di una certa sintonia è d’obbligo. Lucy invece rappresenta per Webb un’altra tipologia di donna, quella magari meno matura e impulsiva, con cui Webb comunque dovrà fare i conti. L’ultima esponente della femminilità è Paige, la sorellina undicenne di Lucy, estremamente perspicace e intelligente, bambina ma già adulta.
Come si è capito il rapporto di Webb con le varie donne della pellicola è l’elemento centrale di tutto il racconto (il titolo originario è infatti In the land of women) che vive momenti di drammaticità e di romanticismo. Un altro dei temi più importanti è la crescita personale del ragazzo che vive la prima vera grande delusione della sua vita e si deve interrogare sul proprio futuro. Inoltre Webb continua a vivere nel passato, è imprigionato nei suoi ricordi ma per fortuna capirà che a volte è necessario chiudere con il passato è guardare avanti, senza rimpianti. Infine affronta per la prima volta la vita vera, quella dura e sofferta, che ti sorprende alle spalle. Insomma Adam Brody interpreta il personaggio più completo dell’intera pellicola. Seconda in questa classifica è Meg Ryan, ossia Sarah, che affronta la malattia e forse il problema di una donna senza interessi al di là di quegli famigliari. Terzo personaggio Lucy, adolescente ribelle, arrabbiata con i propri genitori (in particolare con la madre). Differenti punti di vista dovuti a età differenti con i quali la visione di delle cose di Webb si scontra.
Parliamo ora dei 2 principali attori, Adam Brody e Meg Ryan (sopra). Il primo ottiene per la prima a volta il ruolo di protagonista all’interno di una pellicola dopo ruoli di secondo piano (lo ricordiamo infatti in Thank you for Smoking e in Ms.& Mrs. Smith). Qui, dopo aver ottenuto il successo con la serie televisiva O.C. e fatto un pò di gavetta, dimostra di essere un discreto attore in grado di non deludere nel futuro. Meg Ryan invece torna sul grande schermo dopo 2 anni di assenza (il suo ultimo intitolato_ Against the ropes_ è del 2004) ma, tranne per l’aspetto più invecchiato (d’altronde gli anni passano per tutti), nulla sembra essere cambiato. La sua capacità recitativa così come quella di scioccare il pubblico (immaginarla senza capelli fa un certo effetto) permane e la sua recitazione, sobria e naturale senza eccessi, la rende ancora più simpatica allo spettatore. Kristen Stewart (Lucy) invece mi sembra un pò imprigionata nel suo ruolo e quindi poco emergente.
Per concludere un film che si regge, come già detto, su un buon dualismo, anche nei ritmi narrativi, su dialoghi serrati e coinvolgenti e su buoni attori. Non la solita commedia sentimentale insomma ma quella pellicola in grado di affermare con chiarezza che in certe situazioni vivere e soffrire è ancora più faticoso e che i risultati si ottengono solo dopo aver superato momenti difficili, che sono e rimarranno vere e proprie palestre di vita per tutti.
Il Gorgonauta.