Trama. 2012, il dottor Robert Neville, a causa di una mortale epidemia iniziata 3 anni prima, è rimasto l’ultimo uomo sulla terra. Vive a New York e ogni giorno, in una città deserta, cerca di sopravvivere e si reca al molo in attesa che qualcuno risponda ai suoi disperati appelli di aiuto trasmessi via radio. Ma dopo 3 anni ancora nessuno è apparso in soccorso…
Recensione. Il film inizia apparentemente alla fine della storia : l’umanità è stata spazzata via dalla cura per il cancro, ossia il virus del morbillo geneticamente modificato. Questa è la prima caratteristica che la pellicola possiede e che la diversifica rispetto a esperienze cinematografiche simili. La catastrofe non ci viene rappresentata mentre è in corso (e quindi c’è la possibilità, anche remota, di scongiurarla) ma quando si è completamente realizzata. Fin da subito ci viene mostrato quello che sembra l’unico sopravvissuto: il dottor Robert Neville, uno dei responsabili della creazione del virus. In una New York irriconoscibile Neville si aggira alla ricerca di cibo, acqua e benzina con Sam, la sua fedele amica a 4 zampe. Ogni giorno trasmette un messaggio via radio in cerca di altri uomini ma come sempre non riceve risposta. Il tremendo racconto di quanto successo viene pian piano svelato dallo stesso Robert, nel corso dei suoi incubi.
3 anni sono passati da quando tutto è cominciato e il dottore, oltre ad aver perso ogni speranza, soffre tremendamente la sua solitudine. Se infatti sembra bello poter fare quello che si vuole in una città deserta bisogna tener conto delle difficoltà quotidiane, materiali e psicologiche, e del totale senso di abbondano che si prova. Neville inoltre si sente responsabile per quello che è successo ed è rimasto a New York, invece di fuggire, perché li tutto è cominciato e quindi c’è la possibilità di trovare un vaccino, una cura. Robert non si è ammalato perché immune ma tanti altri essere umani non hanno avuto tanta fortuna. Ma è veramente solo?. Si può intuire la risposta (inoltre il trailer dice già abbastanza), quindi basta dire che il virus ha ucciso ma si è anche adattato a uomini e animali.
Un punto di forza del film sono le sue scenografie spettacolari. La principale è proprio una New York devastata, dove la natura timidamente comincia ad affacciarsi. Tra le crepe del terreno spuntano i primi cespugli mentre gruppi di animali vagano indisturbati per le vie della città. Molte scene sono simboliche, tutte ad indicare la fine della civiltà umana, altre invece sembrano prese da un videogioco. Altro elemento del film è quel senso di smarrimento, angoscia e paura che riesce ad incutere allo spettatore, sopratutto quando Neville si trova in luoghi bui e molto, molto pericolosi. Di per se il film ricorda molte altre pellicole e tratta quel tema che è il futuro dell’umanità, drammatico e non affascinante come in I figli degli uomini, Resident Evil e 28 giorni dopo (molto simile ma meno pessimista). A causare l’immane disastro è stato l’uomo, si proprio lui, quando ha voluto manipolare la natura ed essa si è vendicata. Belle infine le musiche che aiutano a creare l’atmosfera da incubo.
Unico grande protagonista Will Smith, che recita con maestria dall’inizio alla fine e rende bene quel senso di disperazione, morale e materiale, che può colpire un uomo in tali condizioni. Affronta la sua situazione disperata con coraggio e mai con atteggiamenti da duro insensibile, perché la tragicità di quanto successo è ben viva nel suo cuore e nella sua mente. Will Smith, insomma, ci regala un’altra bella interpretazione e dopo tanti successi (I robot, La ricerca della felicità ecc) è da chiedersi quanto tempo ci vorrà prima dell’oscar.
Curiosità. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Richard Burton Matheson, da cui son state ricavate già 2 pellicole (L’ultimo uomo sulla Terra del 1964 e Occhi bianchi sul pianeta Terra del 1975). Anche in quest’ultima vi sono notevole differenze con il libro e perciò invito i più curiosi ad approfondire l’argomento.
In definitiva, questo film, merita davvero di essere indicato come evento cinematografico dell’anno.
Il Gorgonauta.