C'era una volta l'Amazzonia..
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C'era una volta l'Amazzonia..

). E’ considerata il polmone verde della terra data l’alta quantità di ossigeno prodotta dalle piante e il paradiso della biodiversità (basta pensare che solo in quell’area vivono 30 milioni di specie animali, tra le quali molte sono endemiche ossia uniche di quella zona). Non solo natura ma anche Indios ridotti ad appena 200.000 dato che il loro habitat viene via via distrutto così come il loro stile di vita.

L’Amazzonia da sempre si è dovuta confrontare con l’uomo, con le sue attività ed esigenze. Il Brasile, il paese nel quale si trova ben il 60% della foresta, è popolato da più di 187 milioni di individui e negli ultimi 3 anni ha avuto una crescita in positivo del proprio Prodotto Interno Lordo. Inoltre la popolazione nell’area amazzonica è aumentata fino a 20 milioni a causa sia delle grandi potenzialità economiche offerte dalla regione sia a causa del continuo aumento delle zone disboscate e urbanizzate. L’Amazzonia, quindi, ora come in passato sta scomparendo per colpa dell’uomo.

Queste sono le principali cause :

  • Disboscamento e sfruttamento (legale e non) del legname

  • Estrazione di minerali ed idrocarburi

  • Urbanizzazione(città, strade, campi coltivati ecc ), Agricoltura e Allevamento del bestiame

  • Incendi

  • Siccità(dovuta al riscaldamento globale)

Secondo quanto riportato su Internet ormai già un quinto dell’Amazzonia (il 15/17%) è andato perduto mentre ogni minuto si perde un pezzo di foresta grande come 7 campi di calcio. Ogni anno una porzione di Amazzonia (ad es. 25.000 chilometri quadrati nel 2002, altri 26.000 tra l’agosto del 2003 e quello del 2004) cessa semplicemente di esistere, lasciando spazio a case, strade, campi di soia o pascoli. Entro 20 o 30 anni se i ritmi saranno quelli attuali più della metà o peggio l’intera Amazzonia sarà solo un ricordo, con in più la gioia di aver riversato nell’atmosfera tonnellate di anidride carbonica con tutti le conseguenze del caso. Al posto di quella che era una florida foresta una savana, con in lontananza qualche super metropoli abitata da milioni di persone, proprio come nel continente africano. Il problema non è privilegiare solo l’uomo o la natura, scelta sbagliata in entrambi i casi, ma ottenere un giusto equilibrio tra le opposte esigenze.

Alla fine non si possono addossare tutte le colpe e i rimproveri a quel poveretto che taglia l’albero per vivere e guadagnare qualche soldo in maniera illegale (cosa cmq non esente da responsabilità) ma il dito sopratutto si deve puntare contro quello che nel ricco mondo occidentale vuole per capriccio un legno pregiato, proveniente magari da un albero raro e ultracentenario, creando così la domanda e il mercato (altro esempio chi vuole la borsetta di coccodrillo). E così in un circolo vizioso si continua a depredare le poche ricchezze rimaste sul nostro pianeta, mantenendo in povertà e in soggezione le popolazioni che si trovano a contatto con esse dato che la materia prima viene pagata miseramente alla fonte e rivenduta poi ad un prezzo superiore. Ancora viviamo in un mondo sempre più popolato e vorace, che chiede, vuole e mangia sempre di più (ad es abbiamo più richiesta di manzo che quindi proviene anche da mucche che pascolano in quella che un tempo era la foresta, abbattuta per esigenze di mercato). Il governo Brasiliano dal canto suo ha introdotto l_a legge delle foreste pubbliche_, tra applausi e fischi delle organizzazioni ambientali internazionali, con lo scopo di privatizzare una parte della foresta e così contrastare l’illegalità.

Alla fine viene da chiedersi se il gioco vale la candela, fino a che punto possiamo spingerci nel distruggere quello che ci circonda. In un futuro, e da quello che si dice, non tanto lontano, l’uomo si troverà di fronte alle conseguenze delle sue azioni attuali e allora tornare indietro non sarà più possibile.