La venere festaiola
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La venere festaiola

Domani è l’8 Marzo e come i più smaliziati di voi saprà (soprattutto quelli “accompagnati” da una controparte del gentil sesso) è la festa della donna.

Allora mi sono posto la domanda: ma perché esiste la festa della donna?! E, pensa te, ne è venuto fuori un articolo!

E bruciamo ‘sti reggiseni!

Dai primi movimenti suffragisti di metà ‘800 alle dimostrazioni sessantottine in cui le “compagne” bruciavano i loro reggiseni per protestare contro una società che le relegava ad una vita casa-marito-figli, sono passati galloni e galloni di acqua sotto i ponti.

Ma andiamo con ordine.

Una breve ricerca su mamma Wiki mi ha spiegato che la ricorrenza dell’8 Marzo è stata istituita, con buona probabilità, in occasione di una protesta da parte delle operaie di Pietroburgo contro guerra e carestia (durante la rivoluzione di febbraio). Una volta che la ricorrenza ha preso piede si è ben pensato di non fare esplicito riferimento all’episodio (cioè alla rivoluzione russa) per non politicizzare l’evento e renderlo veramente internazionale.

Ricordo ancora quando una nostra professoressa delle superiori ci raccontava la storia leggenda della Cotton. Secondo questa leggenda (che è stato confermato essere un falso storico) nel 1908 a New York, alcuni giorni prima del 8 Marzo, le operaie dell’industria tessile Cotton iniziarono a scioperare per protestare contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero proseguì per diversi giorni finché l’8 marzo Mr. Johnson, il proprietario della fabbrica, bloccò tutte le vie di uscita. Poi allo stabilimento venne appiccato il fuoco. Le 129 operaie prigioniere all’interno non ebbero scampo.

…noi siam forze del lavoro, e cantiamo tutte in coro: Marciam! Suffragette, a noi!

Come dicevo all’inizio, di acqua sotto i ponti ne è passata proprio tanta, dopo un secolo di lotte continue per ottenere la tanto agognata parità sociale, le donne penso che si possano dire soddisfatte del livello di parità che hanno conquistato.

Sono un ottimo esempio di questa parità nazioni come la Germania ed il suo presidente Angela Merkel, la “Lady di Ferro” della guerra fredda Margaret Thatcher e la wannabe-president Hillary Clinton. Tutti ottimi esempi di donne e (soprattutto nazioni) civilizzate e egalitarie.

Ovviamente, nel mondo, non c’è una sola società ed una sola legge, ci sono ancora tante battaglie da portare avanti in altrettanti paesi dove la donna viene trattata alla stregua di un animale, se non peggio.

E non pensate solamente ai paesi considerati “del terzo mondo”, qualcuno avrà in mente l’immonda pratica dell’infibulazione, ancora “di moda” in molti paesi dell’Africa e del Medioriente; ma anche in casa nostra, in Italia, abbiamo i nostri “problemi di uguaglianza”.

Saltando a piè pari i rapporti tra cristianesimo e donne che è sempre stato abbastanza problematico da quel fatidico: “Non desidererai la donna d’altri”, perché richiederebbe un articolo a sé stante, guardiamoci intorno: noteremo ben presto che la donna è considerata tutt’ora alla stregua di un giochino: vallettine, letterine, ballerine, belline, carine, biondine, morettine, rossine, le uniche cose che devono essere superlative sono sempre 2 però: culi e tette, sodi ed in abbondanza.

Insomma: se non son t*e, non le vogliamo E la mimosa?!?!?!?!?**

C’è decisamente ancora molto lavoro da fare se si vuole veramente perorare la causa dell’uguaglianza dei diritti femminili.

Questo è il motivo che mi ha spinto a digitare questi 600 e rotti polisillabi sulla festa della donna.

Anche in questo caso il consumismo è riuscito a rodere le radici di questa festa: il giorno dedicato al ricordo di sforzi e sacrifici che ci hanno portato alla condizione attuale della donna è diventato il giorno degli spogliarelli maschili nelle discoteche, della mimosa venduta ai semafori e dei milioni di euro spesi in fiori e regalini.

Che quelle operaie di inizio ‘900 abbiano combattuto tanto per permettere alle loro pronipoti di sbavare dietro agli addominali scolpiti di un bel maschione oliato a puntino, la sera dell’8 Marzo?

Chissà…

Durante la stesura di questo articolo ho capito una cosa, che spero qualcuno condivida con me:

La donna non potrà mai considerarsi allo stesso livello sociale dell’uomo finché ci dovrà essere una festa che ci ricordi che anche lei esiste!