La Grande Fame.
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La Grande Fame.

In Italia da tempo stiamo parlando di carovita, inflazione alle stelle e generi di prima necessità molto costosi. Tuttavia questo non è solo un problema italiano ma in realtà di tutto il mondo e secondo alcuni il cibo, in un futuro non tanto lontano, darà vita a problemi tali da essere considerato una vera e propria emergenza assieme a quella energetica e climatica.

Secondo alcune stime i prodotti alimentari di base sono in un anno cresciuti del 40% (dell’80% in 3 anni) con punte ben più alte per singola merce. Le cause sono diverse e molteplici, in primis l’impatto delle popolazioni indiane e cinese sugli equilibri mondiali e a seguire il caro-greggio, l’utilizzo sempre più ampio dei cereali per produrre biocarburanti, l’aumento dei suoli destinati a case ed industrie, condizioni climatiche avverse nonché speculazioni di ogni genere assieme ad una gestione delle risorse alimentari squilibrata e a vantaggio dei paesi ricchi.

Sono infatti, nel silenzio generale dei mass media, le nazioni povere quelle che in questo momento stanno subendo le conseguenze peggiori di tale situazione semplicemente perché il cibo costa troppo o è insufficiente. Il mondo occidentale al momento appare più protetto grazie alla sua maggiore ricchezza (maggiore reddito e quindi minore povertà) e al suo sistema economico, ma se la corsa dei prezzi continuerà nessuno potrà più continuare a fare orecchie da mercante. Nel frattempo la situazione in Asia, Africa e Sud America non è delle più rosee, dato che sommosse e proteste vengono soffocate dalla polizia o generano crisi di governo (e ci si chiede perché la gente scappa in Occidente). Sarebbero ben 33 i paesi coinvolti ma basta qui citare alcuni esempi:

  • in Thailandia l’esercito monta la guardia alle risaie per evitare furti (riso aumentato del 50%)

  • in Egitto il pane a prezzo minore per i più poveri (ben 76 milioni di persone) è sempre più raro ed introvabile mentre il riso ha raddoppiato il suo costo (tra l’altra riso, pane, pasta + 25%). Alle forze armate è stato ordinato di aumentare la produzione alimentare anche con i propri forni mentre uno sciopero generale è stato represso con forza.

  • in Costa D’avorio la folla ha assaltato il palazzo della televisione

  • proteste e manifestazioni (anche con morti) ad Haiti, in Camerun, in Burkina Faso, in Indonesia, in Senegal ma l’elenco potrebbe durare ancora a lungo.

I maggiori paesi produttori dal canto loro diminuiscono le importazioni per sfamare la propria popolazione (come il Vietnam) oppure (come gli Usa) usano i cerali per i biocarburanti per ottenere così un maggiore ritorno economico e per far circolare milioni di auto presenti nel mondo. Così di fronte ad una popolazione mondiale sempre più numerosa e che mangia sempre meglio (è finito il tempo della Cina luogo di poveri e straccioni che mangiano una ciotola di riso al giorno, ora anche questo paese e i suoi cittadini, come chiunque immagino, pretendono benessere e ricchezza), di fronte a un petrolio senza freni che alza il prezzo di carburanti, pesticidi, concimi e fertilizzanti; di fronte ad una speculazione finanziaria che punta sul rialzo delle materie prime (contribuendo così a questo movimento verso l’alto) ed infine di fronte ad una agricoltura, soprattutto nel terzo mondo, in balia degli eventi naturali (e quelli estremi sono in aumento) il progetto di diminuire la percentuale di terrestri che spende tra il 60 e il 90% del proprio reddito per sfamarsi appare una mera chimera (l’ONU, entro il 2015, si è posto l’obiettivo di dimezzare sulla Terra la povertà assoluta e la fame).

Che fare? Dura dirlo dato che innanzitutto non si può distruggere tutto e tornare all’età della pietra (e fare quindi della terra un immenso granaio) e poi vi sono delle esigenze che si contrappongono e dei percorsi che non posso andare in parallelo (vedi biocarburanti/cibo). Sarebbe tuttavia opportuno capire una volta per tutte che quanto succede nel mondo ha delle conseguenze che si riflettono sull’intero globo (nessuno vive più in campane di vetro), che occorre diminuire gli sprechi e avere una gestione più efficiente delle risorse alimentari. La Banca Mondiale ha chiesto ai paesi donatori di donare soldi per sostenere e ampliare, data al situazione, il programma alimentare mondiale (cosa di per se giusta) ma ci vorrà ben altro, un diverso modo di ragionare e maggiore altruismo, per evitare che_ la grande fame_, si abbatta sul mondo (ricco e non) generando folle di affamati senza speranza. Dato che questo sta già avvenendo essere pessimisti è forse solo crudo realismo.

Il Gorgonauta.