Il 2008 è decisamente l’anno della Cina: Kung Fu Panda, le Olimpiadi e l’ultimo capitolo della trilogia “La Mummia”.
Mummia mia!
Per chi avesse vissuto su Saturno fino a ieri, i film della serie “La Mummia” sono parte di una trilogia che comprende l’omonimo capostipite della serie, l’ottimo sequel, “La Mummia - Il Ritorno” e l’ultimo capitolo “La Mummia - La Tomba dell’Imperatore Dragone”.
Va detto che, benché il tema delle mummie e dei morti viventi possa sembrare appannaggio del genere horror, “La Mummia” deve il proprio successo - 850 milioni di dollari incassati coi primi due film e schiere di fan accaniti - allo stesso mix che ha reso celebre un’altra famosa trilogia cinematografica: quella di Indiana Jones, tutta avventura, mistero, azione e comicità.
Bende e Terracotta!
Riassumendo in poche righe la trama dei primi due capitoli della serie - per quei Saturniani citati in incipit - vi posso dire che il collante di tutta la vicenda, nonché nemesi dei protagonisti dei film è Imothep, il potentissimo sacerdote del faraone Seti I, vissuto e condannato alla mummificazione eterna all’incirca 3000 anni fa; dopo aver assassinato il faraone assieme alla sua amante, la faraonica sposa Anck-Su-Namun.
Passati tre millenni, nuovamente lungo le rive del Nilo, ci si ritrova negli anni ‘20 in compagnia di una combriccola di personaggi molto più socievole, composta dall’ex capitano della legione straniera Rick - Revolver - O’Connel (interpretato da quel gran simpaticone di Brendan Fraser), l’avvenente bibliotecaria Evelyn Carnarvan (l’affascinante Rachel Weisz) e quello squinternato di suo fratello Jonathan(lo spassosissimo John Hanna) che interpreteranno la parte dei “buoni”.
Mentre nel primo episodio il gruppo di protagonisti deve affrontare l’immonda potenza del risorto Imothep, riportando a casa la pellaccia; nel secondo è il risveglio del terribile Re Scorpione a costituire la vera minaccia per Jonathan, Rick, Evelyn ed il loro figlioletto Alex, il vecchio
Imothep assume il ruolo di cattivo-comprimario, risvegliato da una setta purpurea, viene spinto a carpire i poteri del Re Scorpione per potersi finalmente ricongiungere con l’amata Anck-Su-Namun.
Il terzo ed ultimo capitolo, purtroppo, taglia ogni ponte col passato, si finisce in Cina, nell’immediato dopo guerra, questa volta è il ventenne Alex a dare il La a tutta la sinfonia, mentre Rick e Evelyn (interpretata da Maria Bello) si paleseranno per fronteggiare il primo imperatore, il tiranno Qin Shi Huang (Jet Li) che, maledetto da una strega, viene imprigionato, diventando parte integrante del proprio esercito di terracotta. Risvegliato da dei fanatici militari, sarà di nuovo compito della famiglia O’Connel mettere a tacere l’anticaglia ambulante.
Due assi e una figura
Come forse avrete capito dalle righe scritte in precedenza, il genere è uno dei miei preferiti: tutto azione, comicità e mistero.
Stephen Sommers, regista e sceneggiatore dei primi due capitoli, ha interpretato ottimamente la voglia di azione ed avventura della generazione post-Indiana Jones; i due film in questione non si allontanano di una virgola dai tipici archetipi del genere: tesori sepolti, magie, maledizioni, morti viventi, antiche divinità… il vero aspetto che differenzia la mummia di Sommers dal capolavoro anni ‘30 di cui si propone come parodia, è la comicità.
Se per “i nostri” ogni momento è buono per prendersi in giro o sparare qualche battuta “sbruffona”, anche i cattivi non sono da meno, negli sconclusionati tentativi di impedire ai protagonisti di raggiungere i propri obiettivi. Perfino nei momenti più terrificanti c’è sempre un che di sarcastico, rendendo entrambe le pellicole “altamente digeribili” per un pubblico molto ampio.
Ecco spiegati i “due assi” del sottotitolo, purtroppo, invece di totalizzare punteggio pieno, al cachet possiamo aggiungere soltanto una “figura”, cioè il terzo capitolo della serie.
La Tomba dell’Imperatore Dragone
Col passaggio di testimone da Sommers a Cohen, la verve comico/avventurosa diventa demenzial/avventurosa, peccando pesantemente di faciloneria: dialoghi scontati, interazioni tra i personaggi inesistenti ed interpreti non proprio al massimo della forma.
Una volta uscito dal cinema ho avuto la netta impressione che tutta la pellicola fosse stata retta da due soli personaggi: Rick e Jonathan. Mentre Fraser e Hanna “ci provano”, essendo avvezzi al mestiere, gli altri attori sembrano essere capitati sul set per caso: piatti, legnosi, inespressivi se non peggio irrealistici.
Gli espedienti comici ci sono e più di una volta mi sono ritrovato a ridere a crepapelle, soprattutto grazie Hanna ed alle scene assurde in cui si ritrova coinvolto; un po’ peggio fa Fraser che, benché conservi sempre quell’aria da eroe/comico che contraddistingue i suoi personaggi, accusa in pieno il peso di una sceneggiatura scricchiolante in molti punti.
Esempio lampante dei cliché del film - tutti i protagonisti inveiscono a più riprese contro le mummie, peccato che non se ne veda una neanche a pagarla…
Di tempo per rifarsi ce n’è, il finale de “La Tomba dell’Imperatore Dragone” sembra far ben sperare in un ennesimo sequel, ma un cambio di regia e il noleggio di una buona coppia sceneggiatori sono più che indicati.