Il Consiglio Europeo recentemente riunitosi aveva tra i compiti quello di esaminare, elaborare e approvare un pacchetto di misure sul clima e l’energia per il periodo 2013-2020 (post accordo di Kyoto che prevede un taglio delle emissioni non inferiore al 5% nel periodo 2008-2012). Ma tutto è stato rimandato a dicembre per la minaccia di veto all’applicazione di queste norme da parte di alcuni paesi come la Polonia e l’Italia. L’Europa in pratica voleva, così come successo in ambito finanziario ed economico, seguire un proprio cammino comune tenendo conto degli accordi internazionali siglati ma proprio a causa della crisi finanziaria e del no italiano questo non è stato possibile ed stato raggiunto un compromesso.
Se il Consiglio ha ribadito gli impegni già presi nel 2007 (ossia entro il 2020 ridurre del 20% rispetto ai livelli del 1990 le emissioni di gas serra, aumentare del 20% i consumi da energie rinnovabili e l’efficienza energetica) ha però deciso che il pacchetto di misure in questione venga ridiscusso in dicembre e venga approvato solo all’unanimità dal Consiglio stesso. Le decisioni in materia quindi non saranno più prese dal Consiglio dei ministri competenti dei singoli paesi ma dal Consiglio dei Capi di Stato e di Governo.
Oggetto della controversia i costi a carico di ciascun paese membro derivanti dai tagli delle emissioni di anidride carbonica previsti dall’Europa nonchè la loro ripartizione. Per il nostro governo (che del Protocollo di Kyoto se ne sbatte allegramente) tutti dovrebbero pagare allo stesso modo non tenendo conto della quantità di inquinanti emessi nell’atmosfera e i costi per adattare il sistema Italia a queste misure sarebbero troppi alti rispetto a quelli sostenuti da altri (quindi noi inquiniamo di più ma tanto pagano gli altri e non puntiamo sulle energie rinnovabili perché vogliamo solo il nucleare e il petrolio/gas altrui così pochi si fanno tanti soldoni). Infine data la crisi economica in atto non si possono limitare e vincolare le industrie e le imprese proprio in questo momento di difficoltà (ed esse potranno risparmiare altri bei soldoni).
Le cifre in ballo sono diverse. L’Europa parla di un prezzo annuo per ridurre le emissioni variabile tra i 9,5 e i 12,3 miliardi mentre per il nostro governo sarà pari a 18 miliardi (prima erano 25). Ancora a livello comunitario si afferma che perseguendo questa politica dei tagli si otterrebbero vantaggi sia a livello del PIL sia a livello dell’occupazione nazionale (+ 0,3%). E se la spesa è alta forse fino ad oggi abbiamo fatto ben poco per neutralizzare la nostra CO2 liberata nell’atmosfera.
Molti hanno parlato di vittoria, di successo per l’Italia. Io invece non mi sento dire lo stesso, anzi un pò me ne vergogno. Primo perché in Europa abbiamo fatto la figura di coloro che se fregano dell’ambiente ma pensano solo agli affari o ai propri interessi. Secondo perché ci sono voluti anni per riuscire a dare importanza ai cambiamenti climatici e concludere accordi internazionali su di essi ed ora si rischia di ritornare sui propri passi. Terzo perché si usa la scusa della crisi per non prendere altri impegni (o addirittura per rimandare e/o escludere quelli già presi), non capendo che proprio ora è il momento giusto per investire in energie rinnovabili e salute, per poter un domani raccoglierne i risultati.
Infine non capisco perché chi inquina meno deve pagare come chi inquina di più. Se molti paesi non prevedono di ridurre le proprie emissioni questo non significa che anche noi non dobbiamo farlo, anzi dovremmo dare il buon esempio. Non è che essi sono più i astuti e noi i più coglioni (forse il contrario) visto che comunque anche i furbi un giorno, come tutti, pagheranno le conseguenze dell’inquinamento. Poi certo se ognuno pensa di badare solo al proprio orticello (tradotto Nazione) allora tanto vale lasciar perdere, inquinare, farsi gli affari propri e si arrangerà chi verrà dopo. Invece occorre una visione più ampia e altruista, non incentrata solo su se stessi.
Questo governo comunque sembra possedere una visione della natura tutta sua. Ritorna al nucleare (una scelta ma potevano essercene altre) e mentre già l’Italia difficilmente rispetterà il protocollo di Kyoto apre bottiglie di Champagne invece di piangere e riflettere. Io invece correrò a cercarmi una maschera anti-gas non potendo scappare, quando butta male, in qualche isoletta dei Caraibi.
Il Gorgonauta.